TWR la (psico)analisi di Game of Thrones 8×06: arrivederci e grazie per tutto il fantasy

Valar Morghulis. Tutte le serie devono morire, anche Game of Thrones.
Dopo 9 anni siamo arrivati alla conclusione della più grande operazione di narrativa fantasy live action mai realizzata.

Scopriamo allora come ci ha lasciati, e cosa ci ha lasciato, l’ultimo episodio di Game of Thrones.
Prima di andare oltre, la donna rossa vi ricorda per l’ultima volta che…

Tyrion passeggia nell’isola pedonale lastricata di cadaveri che Daenerys Santanché LaQualunque nata dalla minestra, regina dei sandali e dei primi uomini, distruttrice di catene delle biciclette madre di costosi draghi in CGI un costoso drago in CGI ha da poco realizzato improvvisandosi urbanista. Tyrion giunge così nei sotterranei dove piange sul cadavere dei suoi fratelli giusto per ricordarci che il miglior attore del cast è incontrovertibilmente lui.

Poco dopo Daenerys Santanché LaQualunque nata dalla minestra, regina dei sandali e dei primi uomini, distruttrice di catene delle biciclette madre di costosi draghi in CGI un costoso drago in CGI attacca con uno dei suoi soliti pipponi senza senso per galvanizzare la folla (composta da Dothraki ed Immacolati, tutta gente con il QI di una lumaca). L’argomento del giorno è “rompere la ruota”.

Impresa utopistica che, nel corso degli anni, è riuscita solo al signor Giancarlo quella volta che scelse la memorabilità sfidando le tiranniche logiche della ruota di Mike.

Sarebbe inutile ripetere – ma lo faccio lo stesso anche se ne abbiamo già parlato la scorsa settimana – che nel frattempo gli Immacolati, e soprattutto i Dothraki, decimati dalla lunga notte e dall’agguato in mare di Euron sono tornati ad essere millemila miliardi. A questo punto è palese si tratti di organismi unicellulari che si dividono per mitosi. Se non masticate biologia o medicina, era un concetto spiegato molto bene già in Esplorando il Corpo Umano (opera a cui Weiss e Benioff devono evidentemente essersi ispirati per impostare il complesso meccanismo riproduttivo degli eserciti di Daenerys).

Nel frattempo il discorso di Daenerys Santanché LaQualunque nata dalla minestra, regina dei sandali e dei primi uomini, distruttrice di catene delle biciclette madre di costosi draghi in CGI un costoso drago in CGI non è ancora finito e viene pronunciato in alto valyriano così da sembrare più autorevole agli occhi di Jon e del Cipollaro che, non capendoci una mazza, non hanno la misura delle stronzate che la sovrana delle ceneri sta sparando senza soluzione di continuità.

Tyrion però ne ha le palle piene e si fa avanti con un gesto di sfida e – guarda un po’ – viene arrestato.

Allora Jon il riluttante va a trovarlo in prigione perché, nonostante tutto, non era ancora maturata in lui quella consapevolezza tipica della famiglia Bluth:

Ed eccolo lì, carismatico come una pigna, Jon raggiunge zia Daenerys davanti al trono, la limona duro e, quando il pathos raggiunge picchi che nemmeno Gli Occhi del Cuore 2 quando sparano al conte, la pugnala!


– Ti limono E INVECE NO ti ammazzo –

Nella sala piomba Drogon con le palle visibilmente gonfie per questa storia del bla bla bla Trono di Spade bla bla bla e fa l’unica cosa sensata di tutto l’episodio: squaglia il trono.

Dissolvenza a nero. Verme Grigio fa un gruppone s WhatsApp e convoca ad Approdo del Re quei 4 gatti con una carica nobiliare che sono rimasti in vita nei Sette Regni per decidere chi incoronare re e cosa fare di Jon Snow. Il primo a proporsi è quell’orfano di cervello di Edmure Tully che ricorderete, tra le altre cose, alle Nozze Rosse.

Dopo averlo rimesso a sedere con una serie di tonanti pernacchie, Tyrion – che fino a 5 minuti prima era carcerato – decide per tutti che sul trono vada HAL Bran 9000 il quale tanto già lo sapeva perché ha la vedenza di padre Maronno.
Darth Sansa però se ne esce con un ‘Padania is not Italy’ ‘Winterfell is not Seven Kingdoms’. e, in quattro e quattr’otto, ecco servita la secessione del Nord che, si sa, le aziende più grosse stanno tutte là.

Resta da capire cosa fare di Jon, ovvero l’uomo più inculato della storia della narrativa contemporanea nonché salvatore dei Sette Regni. Verme Grigio, il quale giustamente non ha mai avuto alcuna voce in capitolo nemmeno nella scelta della carta igienica al supermercato, si oppone alla sua scarcerazione ma si dice favorevole al ritorno di Jon al Castello Nero coi Guardiani della Notte. Per sembrare più autorevole si esibisce nella sua caratteristica espressione ‘COSTIPAZIONE OVER 9000’.


– Urge clistere di Altofuoco –

Arya saluta tutti e, avendo ottenuto un contrattino con National Geographic Channel, parte per l’ovest aggiungendo alle sue già numerose qualifiche (assassina, mutaforma, texas ranger, ninja, schermitrice) anche quella di ‘Cristoforo Colombo’.

Ad Approdo del Re intanto torna il sereno e vissero tutti felici e contentissimi.
Brienne aggiorna la pagina wiki di Jaime.

Tyrion, ritornato Primo Cavaliere, convoca il suo primo concilio ristretto in cui Brienne è comandante della Guardia Reale, Podrick è anche lui nella guardia e fa il remake di Quasi amici con Re HAL Bran 9000, Sam è gran maestro, e Bronn ha la tripla qualifica di Banca d’Italia, signore di Alto Giardino, e gran maestro dei bordelli. Tra tutti, mi pare chiaro, abbia vinto lui.

Si ride e si scherza, HAL Bran 9000 fa pure una battuta («sapete dov’è Drogon? Ah, me lo cerco da solo ihihihi») e compare un libro delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco che non solo è in un unico tomo (evidentemente non è passato per le mani della Mondadori) ma è stato pure scritto in un battibaleno.

L’epilogo della puntata è tutto per Jon che accarezza Spettro per far felici i fan animalisti di tutto il mondo e poi se ne va coi bruti oltre la barriera come lieto fine per il suo bromance con Tormund.

E ora, dopo aver ripercorso l’ultimo episodio di GoT, passiamo al solito angolo delle considerazioni semiserie su questa stagione che, purtroppo, non è stata quello che sognavamo.

Le principali criticità della stagione 8 di Game of Thrones sono imputabili, come già sottolineato in precedenza, al formato da 6 episodi che si è rivelato insufficiente in termini di minutaggio per andare a chiudere la serie nel migliore dei modi.
Weiss e Benioff hanno imperniato la stagione su due punti fermi: l’episodio 8×03 (La lunga notte) e l’ep.8×05 (The Bells), prediligendo l’azione alla narrazione, lasciando molto non-detto e spostando i personaggi con frenesia sullo scacchiere dei Sette Regni. Un ‘impostazione, a conti fatti, non adatta a Game of Thrones per due motivi.
Il primo è che le storyline da chiudere erano troppe e, giustamente, la pretesa degli spettatori era che ogni personaggio avesse il suo personale epilogo. Il triste mietitore è arrivato in soccorso in molti casi, in alcuni dei quali, però, c’è stato da storcere il naso.
Il secondo motivo è che la serie nel corso delle sue precedenti stagioni ci ha abituati a tutt’altro ritmo, salvo poi fare il salto dello squalo in Oltre la Barriera, l’episodio 7×06 che regalava quanto di meglio la serie potesse offrire  in termini di epica fantasy, prestando però il fianco a delle forzature narrative mai così evidenti come allora (Gendry, the fastest man alive, che in 5 minuti percorre km sotto la neve e Daenerys che in altri 5 minuti copre una distanza da volo transoceanico Roma-New York).
Su quest’ultimo aspetto tocca fare anche una piccola chiosa: oggi, anno domini 2019, la decompressione narrativa tipica delle serie si è rivelata il gold standard per gli adattamenti live-action di qualsiasi tipo (romanzi, saghe, fumetti, fatti di cronaca). Viviamo nell’era di Better Call Saul, una serie che si prende 5 stagioni per mostrare la lentissima evoluzione di un mascalzone potenziale in un mascalzone consapevole che, in ogni stagione, devia solo impercettibilmente dalla retta via. Ok, ho portato un esempio un tantino estremo, ma oggi va così. Se la trilogia de Il Signore degli Anelli fosse arrivata nei cinema quest’anno sono certo che, pur ritenendolo comunque un adattamento straordinario, magari troveremmo meno credibile l’evoluzione dei personaggi. Ad ex: ne La Compagnia dell’anello Boromir compiva in maniera perfetta il suo percorso di redenzione nell’arco di un solo film e andava benissimo così, oggi però siamo abituati – probabilmente in modo eccessivo – ad una narrazione diluita e infatti anche il cinema sta assumendo, spesso e volentieri, un’impostazione seriale (di cui il Mavel Cinematic Universe è il più macroscopico esempio).

Inoltre comprimere gli ultimi atti di Game of Thrones in così pochi episodi ha avuto un altro effetto collaterale mica da poco: svilire l’omicidio di Daenerys.
Chiarisco meglio: un Jon innamorato che antepone il dovere all’amore e uccide la donna della sua vita avrebbe dovuto rappresentare un momento di grande impatto emotivo, e invece non lo è stato, sia per una regia non all’altezza (l’ultimo episodio Weiss e Benioff se lo sono diretti da soli), sia perché ai nostri occhi Jon e Daenerys si conoscono dall’altro ieri e non c’è stato il tempo per far maturare il loro rapporto. La prima copula dei due risale al finale della scorsa stagione e, nel giro di sole 6 puntate, si è arrivati alla scena madre di tutta la serie. Dove iniziano i limiti registici e finiscono quelli narrativi è difficile a dirsi, quel che è certo è che è stata una scena decisamente anticlimatica, totalmente spogliata del pathos che avrebbe dovuto avere.
È un po’ come un tizio che si riprende dal dopo-sbornia con accanto una tipa isterica conosciuta la sera prima in discoteca e si accorge di aver fatto una cazzata, quando invece avrebbe dovuto essere il punto di rottura tra due che erano già nella navata della chiesa per andare all’altare.

E dico questo nonostante ci siano eventi che reputo giusti e sacrosanti come Drogon che liquefà il trono e scompare all’orizzonte portando via sua madre. Il cerchio si chiude: il fuoco di un drago aveva creato il Trono di spade e le fiamme di Drogon lo distruggono. Jon abbandona la sua parte Targaryen, lasciandosi alle spalle Daenerys e Drogon, e torna alla sua metà Stark, al suo metalupo e con lui va oltre la Barriera dove questa grande storia iniziò quasi 10 anni fa.

Insomma alla base c’è una coerenza con quello che la serie ha rappresentato, coerenza che viene però corrotta da uno storytelling monco e affrettato.
Che significato avevano le profezie su cui si è tanto insistito?
La caratterizazione di Bran-Corvo a Tre Occhi non sarà mica andata a farsi strabenedire?
Perché Verme Grigio che è sempre stato un cazzone qualsiasi assume potere decisionale? E perché lascia in vita Jon, assassino della sua regina, quando fino a 5 minuti prima sgozzava gente a caso per la città?
Che fine hanno fatto le lettere di Varys? Affidate a poste italiane e smarrite?
A cosa è servito in fin dei conti il retaggio Targaryen-Stark di Jon? Ci siamo affezionati a lui dopo la morte-resurrezione, lo abbiamo visto eroe impavido fino alla Battaglia dei Bastardi e poi lo abbiamo visto progressivamente sgonfiarsi auto-imponendosi un ruolo da gregario riluttante che fugge da qualsiasi responsabilità.

Problemi di scrittura che hanno afflitto ancor di più l’arco di Daenerys che avrebbe meritato più gradualità. Dopo tante stagioni a svilupparla ci sarebbe voluto più tempo per vederla perdere la sua umanità e, assieme ad essa, il contatto con la realtà. Non basta la storiella secondo cui ogni volta che nasce un nuovo Targaryen, gli Dei lanciano in aria una moneta, e il mondo trattiene il fiato aspettando di vedere se sarà un grande o un folle. Anche perché Jon, a conti fatti, non è stato né un folle né un grande. É stato solo inculato dalla vita.

Ma badate bene: non ritengo Weiss e Benioff incapaci o inadatti come leggo nei commenti che impazzano nell’internet. Ricordiamoci che iniziarono a navigare senza più le linee guida dei romanzi già dalla quinta stagione regalandoci momenti incredibili su eventi ancora non pubblicati come la Battaglia di Aspra Dimora, la Battaglia dei Bastardi (per me il punto più alto di tutta la serie) o lo scioccante «hold the door» (ok, questo Giorgione glielo avrà pur detto, ma comunque lo hanno portato in TV senza avere un romanzo sotto al naso).
Penso solo che abbiano avuto fretta di partire per quella galassia lontana lontana (traduco per quei 3 che non lo sapessero: Disney gli ha commissionato uno, o forse tre, film di Star Wars) e non siano voluti restare un altro paio d’anni a Westeros.

Così facendo, però, Weiss e Benioff hanno dilapidato un fandom oceanico che li aveva conosciuti e amati in questi 10 anni e che guarderà al loro film di Star Wars già con occhio iper-critico, invece che con la benevolenza che avrebbe avuto fino a soli due mesi fa. Erano Guardiola e Klopp, sono diventati Montella e Spalletti.
Senza considerare come il fandom di Star Wars sappia essere perennemente insoddisfatto per il semplice motivo che non riesce più a meravigliarsi come quando aveva 10 anni ora che di anni ne ha 40, strillando ai quattro venti che il Luke Skywalker dell’Episodio VIII gli avrebbe stuprato l’infanzia.

Game of Thrones è stato grandioso fino al momento in cui, semplicemente, non lo è stato più. Resterà però nella memoria di tutti noi per aver spianato la strada ai kolossal sul piccolo schermo, un’operazione azzardata se pensate che HBO realizzò già la prima stagione con un budget sontuoso, quando riuscire a sfondare con il fantasy era tutt’altro che scontato. Ci ha regalato personaggi magnifici (Ned Stark, Tywin Lannister, Lady Olenna, i Clegane, Joffrey, il bastardo di Bolton, Varys), battaglie epiche, draghi ed interpretazioni di valore assoluto come quelle di Peter Dinklage e Lena Headey. Adesso ci saluta invece che con l’high five che si saremmo aspettati con una semplice stretta di mano.

Fino al mese scorso ero parecchio infastidito da Martin, pubblica libri spin-off (Fuoco e sangue), fa da produttore esecutivo in altre serie TV, rilascia continue dichiarazioni su questo e quello («nel prossimo libro ci saranno gli unicorni» ha persino detto), ma di finire questi benedetti romanzi non se ne parla. Non volevo più pensare all’eventualità di poter leggere il finale scritto da lui, anche perché potrebbe non vedere mai la luce. Adesso invece, come incredibile effetto collaterale, lo aspetto eccome.

E siccome il tempo non sarà galantuomo con il finale Weiss e Benioff, Martin è ancora più responsabilizzato dai tanti appassionati che vogliono un riscatto per i personaggi che ha creato, sperando che la sua versione della storia abbia degna conclusione. Sfida ancor più ardua se si pensa che la serie ha già svelato alcuni colpi di scena che inevitabilmente saranno sostanzialmente identici negli eventuali libri (vedi, ad esempio, alla voce «hold the door» e resurrezione di Jon Snow).

Now our watch has ended, io vi saluto con l’immancabile link alla mia pagina Facebook e vi aspetto lì per commentare l’episodio.

Si ringrazia la pagina Facebook Game of Thrones ITALIA

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