TWR la (psico)analisi di Thor Ragnarok: la sai l'ultima sullo Zio del Tuono?

L’uscita di un film nelle sale è accompagnata, spesso e volentieri, da un giudizio che nella rete diventa quello dominante e condiviso dalla maggior parte dell’utenza: “Capolavoro”, “Bello, però…”, “Non rispetta il materiale sorgente”.
A Thor Ragnarok, il popolo italiota dell’internerd ha deciso di affibbiare il bollino del cinepanettone: “Natale ad Asgard”.
Sbagliato.

Ci sono vari tipi di cinema, e vari tipi di comicità (non sto certo scoprendo l’acqua calda, eh), e Thor Ragnarok è un film demenziale. Sì, avete letto bene. E lo è in maniera dichiarata e manifesta sin dalla prima scena: Thor combatte con il demone Surtur – quello che nella meravigliosa run di Walter Simonson causa il Ragnarok ad Asgard – e, prima di menarsi accompagnati dai Led Zeppelin, i due hanno un dialogo che è già una chiara dichiarazione d’intenti di quello che sarà il film. É impossibile equivocare. D’altronde, il regista è questo signore qui:

Lui è Taika Waititi, regista ed attore comico neozelandese, il quale, visto che gli piace anche recitare, in Thor Ragnarok ha tenuto per sè il ruolo – reso demenziale e stupidissimo – di Korg il Kronan. Il lavoro più famoso di Waititi (finora) è What We Do in The Shadows, un piccolo gioiellino girato come un finto mockumentary che racconta della vita quotidiana di 4 vampiri che convivono sotto lo stesso tetto. Guardatelo.
A proposito di commedie Marvel, il pensiero potrebbe andare ai Guardiani della Galassia di James Gunn, ma no, non è neanche questo il caso. Gunn ha uno humour figlio delle action comedy anni ’80 (vedi Grosso Guaio a Chinatown) mentre Waititi si rifà più al cinema farsesco di Mel Brooks.
DISCLAIMER: non ho detto che Waititi sia il nuovo Mel Brooks, ma che si ispira a quel tipo di humour fatto di dialoghi nonsense, frasi fuori luogo e pause comiche. Situazioni che, in Thor Ragnarok, hanno il loro miglior interprete nel Gran Maestro, assurdo despota con il volto di uno Jeff Goldblum che, così in forma, non lo si vedeva da parecchio tempo.

Alla luce di quanto detto, e a prescindere dal fatto che vi possa irritare una comedy su Thor, capite bene che il paragone coi cinepanettoni, cioè pecorecce commedie degli equivoci piene di scoregge, è ovviamente assolutamente inesistente e buono solo per emulatori alla ricerca della battutina facile facile.

La verità è che il genere supereroistico al cinema è ormai inflazionatissimo (non sto certo scoprendo l’acqua calda, eh/2) e personalmente mi va bene il supereroe crepuscolare (Logan), ma mi va anche bene un fim dai toni più spensierati come Thor Ragnarok. Anzi, è più apprezzabile un film come questo che è dichiaratamente una commedia (e lo era già dal trailer, non lo avevate forse visto?), di tanti altri prodotti Marvel che, pur avendo la pretesa di essere film d’azione, sono infarciti di battutine imbarazzanti e città che esplodono nel cielo senza che muoia neanche una comparsa o venga versata una goccia di sangue.


– Poi arriva Hulk e dici che siete colleghi di lavoro –

Tra l’altro, se ben ricordate, a fare un flm dai toni shakespeariani con un Thor austero ci avevano già provato, affidando la regia del primo film del Dio del Tuono a quello che era apparentemente l’uomo più adatto sulla faccia della Terra: Kenneth Branagh. Non era andata benissimo. Poi era stato il turno di Alan Taylor con Thor: The Dark World, che era un action comedy con un grosso difetto: te la scordavi il giorno dopo averla vista.
Quindi ben venga il film di Waititi che ha il merito di avere una sua – per quanto inusuale – personalità comica, con un inatteso side effect: anche Hemsworth, adesso che si è liberato dalla gravitas tipica del personaggio, sembra più a suo agio nei panni del Dio dello zio del Tuono. Un eroe che, a prescindere dalla decisa virata umoristica, viene notevolmente rivisitato nel corso del film nell’ottica di un rinnovamento verso le future pellicole (il taglio di capelli è solo la punta dell’iceberg).

Altro merito che va riconosciuto al film è il worldbuilding in cui spiccano le coloratissime atmosfere di Sakaar – che dell’omonimo pianeta del fumetto Planet Hulk ha solo il nome – mutuate prevalentemente all’immaginario videoludico anni ’80 ed accompagnate da musica synth tipica dell’epoca che ricorda, non poco, la soundtrack di Stranger Things.

Attenzione, però, che Thor Ragnarok di difetti ne ha: dal punto di vista casting/interpretazioni, Tessa Thompson proprio non funziona come Valchiria ubriacona, mentre da Cate Blanchett sarebbe stato lecito aspettarsi un pelino di più. A questo aggiungete che, in alcuni frangenti, è un film poco coeso ed alcune gag sono forzate.

Anzi, a proposito della questione humour, va precisato che ad alcuni spettatori, questo tipo di umorismo demenziale può non piacere in toto. In buona sostanza se – come me – siete il genere di pubblico che apprezza e mitizza film come Zoolander o Anchorman e non ritenete che sia vilipendio alla bandiera svedese che Thor sia diventato un simpatico burlone, allora Thor Ragnarok vi divertirà. In caso contrario, guardate da un’altra parte. Che non ha senso stracciarsi le vesti di fronte ad una commedia coi supereroi e, per dimostrare che essere diventati ometti, indignarsi in rete pretendendo film di tutine pieni di pathos e cazzodurismo. Sono sempre, e sempre resteranno, film di uomini in calzamaglia coi superpoteri.

Se volete un Thor rigido e virtuoso non disperate: ci sono sempre i fumetti, e quelli il malvagio regista sorridente non ve li toglierà di certo. Prendete un superclassico senza tempo come il Thor di Simonson o la recente e validissima run di Jason Aaron. Leggete ed entusiasmatevi.
Ormai dovreste averlo capito già da un bel pezzo che il Marvel Cinematic Universe, vi piaccia o no, va in una direzione tutta sua.

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