TWR speciale ARROW: (psico)analisi della stagione 1

Prendete Batman a carnevale, vestitelo come Robin Hood, aggiungete dei ripetuti flashback di un tormentato passato su un isola (apparentemente) deserta dovuto a crisi d’astinenza mai superate dopo la conclusione di LOST, cuocete tutto a fuoco lento in 23 episodi ed avete ottenuto Arrow, rivelazione televisiva della stagione 2012-13.
Ok, é vero: il Freccia Verde della DC comics é un Batman meno fico con arco e frecce al posto del Batarang ed i produttori non si sono inventati (quasi) nulla di nuovo sul suo background, lo hanno attualizzato seguendo la moda del supereroe nolaniano-dark tanto cara a molti. Ma, nonostante ciò, non era per nulla scontato che in TV funzionasse.
E invece la serie di Marc Guggenheim (sceneggiatore di comics) e Greg Berlanti (oh no, lo sceneggiatore del film di Lanterna Verde!), grazie anche alla sporadica collaborazione di una penna prestigiosa come quella di Geoff Johns, dopo un avvio per alcuni versi zoppicante, ingrana e funziona bene.

Oliver Queen é un bamboccione figlio di papà che pensa solo ad andare in disco, rimorchiare e postare foto su Facebook dove fa il broncetto, insomma é già pronto per essere inserito nel mondo del lavoro con uno stipendio a 5 zeri o nelle liste elettorali per il parlamento. Un bel giorno, però, mentre é in barca a pescare totani col papi, il cumenda della situazione, e la sorella della sua ragazza (con cui fa fichi-fichi tra un totano e l’altro) naufraga su un isola piena di soldatini col passamontagna usciti da Metal Gear Solid comandati da un cattivone simil-nazista di nome Fyers. In questa idilliaca laguna blu Oliver incontrerà il suo primo mentore, un maestro Miyagi vestito da Robin Hood: Yao Fei.

Per generare un’ulteriore ondata di libidine al pubblico nerd gli sceneggiatori hanno pensato di spedire sull’isolotto di Arrow anche il mercenario Slade Wilson/Deathstroke!
Insomma, su quest’isola dei (poco) famosi c’è di tutto, mancano solo Cecchi Paone e Carmen Russo. 

Se Deathstroke é comunque arcinoto a tutti gli appassionati di comics (come Cecchi Paone lo é per l’italiano medio), gli altri sono certo meno conosciuti. Ma sia Fyers, che Yao Fei, che la figlia di quest’ultimo, Shado, sono personaggi ispirati ad una controparte cartacea dell’universo DC. Yao Fei, ad esempio, é una creazione nientepopodimenochè di Grant Morrison.

Ma torniamo sulla retta via. Dicevo, Oliver sbarca sull’isola e da mollaccione viziato col ciuffetto trendy schiavo dei social network diventerà un cazzutissimo vigilante spaccaculi. Le vicende isolane ricorrerranno in tutte le puntate della serie sotto forma di flashback in stile LOST (oh, ma che volete? Se fate dei flashback su un isola per forza vi si paragona a LOST!) nel frattempo Oliver, salvato da una barca di pescatori, tornerà a casa con lo scopo di salvare la sua città, Starling City, da un’intricata rete di ricconi sfruttatori che sono stati tutti annotati sull’agendina del papi-cumenda. Prima di morire, infatti, il commendator Queen dà al figlio la sua Moleskine piena di nomi ed esprime il suo ultimo desiderio: “Ué Oliver smettila di fare il pirla e rendimi fiero di te, capito? Torna a casa e diventa un serial killer: uccidi tutti i tizi che trovi nella lista, né” (questo dialogo dovreste leggerlo con l’accento del commendator Zampetti de I ragazzi della 3a C… Cooosa??? Non avete mai visto I Ragazzi della 3a C? Allora non meritate di guardare la TV!)

Sarà questo il filo conduttore della prima parte della stagione. Nome sulla lista, ricerca del boss, omicidio o aggressione, nome depennato dalla lista. Power-up per Oliver che accumula punti esperienza. Abbastanza ripetitivo.
Fortunatamente questo canovaccio cambia in corso d’opera lasciando più spazio ad una trama orizzontale che si sviluppa in tutto il corso della stagione. Al posto dei villains usa e getta viene creato un buon intreccio delle vicende con il ricorso a cattivoni ricorrenti come Deadshot, Helena la cacciatrice (d’accordo, sembra il titolo di un pornazzo), il conte Vertigo (uno, dos, tre, catorce! Hello, hello, i’m at a place called Vertigo!) ed il misterioso arciere nero!

Tra gli elementi convincenti di Arrow ci sono di certo le “spalle” di Oliver, ovvero Diggle, gigantesco ex-militare e braccio destro di Ollie, e Felicity la bionda hacker con la battuta (fuoriluogo) sempre pronta. Personaggi a cui si unirà Roy Harper, gradualmente introdotto nel corso della stagione con la certa prospettiva di un più largo impiego nella season 2 (Harper nei fumetti é, in pratica, il Robin di Freccia Verde). 
Ah già, poi c’è pure Tommy Merlyn, l’amico d’infanzia di Oliver, ma a me sta sulle palle quindi andiamo avanti…

Altra nota di merito oltre ai partners di Oliver, sono le scene d’azione/combattimento: ben girate e convincenti. Pugni e schiaffoni in quantità come in un film con Bud Spencer con l’aggiunta, naturalmente, di un’enormità di frecce! 

Tra le cose meno convincenti, l’atmosfera da famiglia Forrester di Beautiful presente a casa Queen (ingessatissimi la signora Moira Queen ed il marito Walter), o i toni da bruttissima copia di Law & Order  della stazione di polizia e dello studio legale di Laurel. 

Piccolo approfondimento merita proprio Dinah Laurel Lance, per gli amici Laurel, per gli amici più intimi miss ultrapatata. La bonissima della serie, infatti, ha il pregio di essere per l’appunto bonissima e questo direi che può bastare per impreziosire tutto il telefilm.
Piccola ulteriore curiosità nerd: nei fumetti DC, Laurel Lance é Black Canary, supereroina dotata di urlo ultrasonico e membro del gruppo Birds of Prey. 
Guarda che hai rotto le palle con questo sfoggio di conoscenza artificiale dei fumetti dovuto a consultazioni Wikipedia! 

Ok, concludiamo. Insomma Arrow é una serie valida, con un finale di stagione davvero davvero davvero (ho detto troppe volte davvero? davvero!?!) convincente che non si limita al cliffhanger conclusivo regalandoci 40 minuti belli pieni di godurioso connubio azione-catastrofe imminente-tensione. 
In un periodo in cui i supereroi spopolano al cinema e con una serie altamente reclamizzata come Agents of S.H.I.E.L.D. alle porte, Arrow rappresenta un valido apripista per un nuovo massiccio sbarco dei supereroi sul piccolo schermo. 

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