Ombre e Nebbia di W.Allen

Ombre e nebbia, un film del 1992, di  Woody Allen.
Mai avrei creduto di dover scrivere male di un film scritto e diretto da uno dei registi che più idolatro, per i film che riesce a fare, per il suo essere un uomo estremamente acculturato e che sa mischiare l’alto sapere con le cose di tutti i giorni, spiazzando lo spettatore in battute sempre originali e trovate, all’interno dei film, sia comici che non, sempre all’altezza di un genio del cinema.

Di lui ho visto tutti i film (o quasi), l’ho seguito nei film cui ha partecipato solo da attore, ho letto alcuni dei suoi libri e l’ho studiato approfonditamente persino all’università e, a dispetto di quello che molti hanno detto, sono stato felice di poter studiare Woody Allen e non qualche altro classico regista della storia del cinema; non che io abbia nulla contro gli altri registi, ma non ricordo regista che sappia coniugare così bene intellettualità e comicità, o meglio, ironia di Woody Allen, ed essendo che avevo già ben studiato i grandi del cinema come Orson Welles o Stanley Kubrick, sono stato più che felice di affrontare l’argomento.

Gli unici film che fino ad oggi non mi avevano molto convinto erano: La maledizione dello scorpione di giada e (per quanto alcuni episodi siano esilaranti) Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso, ma non avete mai osato chiedere; ma entrambi avevano elementi che, comunque, li mantenevano gradevoli, mentre Alice è stato il film che meno ho apprezzato della filmografia di Allen.

Ombre e nebbia lo conobbi inizialmente su di un libro di Allen: Senza piume: piccoli libricini che contengono varie storielle, spunti narrativi o piccole pièce teatrali da lui scritte; poiché ha la buona abitudine di non gettare mai nessuna idea nel cassetto, ma di lasciarla lì, finché non viene il momento giusto per riprenderla; ma lì aveva un tono del tutto diverso.

 – Sceneggiatura per il teatro –

Nel libro la sceneggiatura era semplice ed essenziale: Kleinman viene svegliato nel bel mezzo della notte da alcuni suoi amici che, agitati, gli dicono che il mostro, colui che strangolava le persone era in giro per la città e che lui doveva partecipare al piano insieme a loro. Dopo una breve riluttanza, Kleinman scende in strada, ma non vede più nessuno dei suoi amici e, ancor più grave, non sa qual è il suo ruolo nel piano.

La storia continua a svolgersi nella strada dove ogni tanto sente urla e qualche suo amico passa raccontandogli frettolosamente cosa sta accadendo, ma ogni volta non riesce mai a farsi dire qual è il suo ruolo, e proprio per la sua ignoranza verrà spesso ripreso dagli altri partecipanti. In strada incontra poi una prostituta ed una mendicante, con le quali scambia una serie di battute in perfetto stile “Alleniano”, continuando ad ignorare il piano.
La sua inconsapevolezza, unita ai vari eventi che si susseguono, fino alla fine, mantiene alta la tensione dello spettatore e al contempo lo diverte, nonché tutta l’attenzione è focalizzata su Kleinman, l’unico personaggio comico in una vicenda noir.

  – Film –

Nel film, forse per dilatare i tempi, si da, invece, la metà dello spazio a Kleinman che, dopo essere stato avvisato dagli amici, inizia a vagare per le strade della città, facendo i suoi incontri previsti già nel copione per il teatro; ma contemporaneamente c’è la vicenda di una ragazza del circo, scappata a causa dell’infedeltà del marito, che trova rifugio in un bordello.

Oltre alla diminuzione del ruolo di Kleinman (Woody Allen), ho trovato anche le stesse sue battute, prive della sua vena comica, anzi, sembravano scritte da qualcuno che tentava di imitarle ed a parte qualche riflessione cronica sulla morte e sull’esistenza di Dio, i momenti comici scarseggiavano. Così il film, che strizza l’occhio al film di M di Fritz Lang, con delle ambientazioni da classici film noir ed una fotografia eccellente da parte di Carlo Di Palma, perde la vena comica, ma non acquisisce nulla in suspense, poiché sempre intramezzato dalle vicende della mangiatrice di spade (per nulla comiche o paurose) o dalla presenza di Allen che, tentando di metter su un discorso più comico, non contribuiva a dare peso alla parte oscura del film.

 

 – Finale con Spoiler –

Il finale, poi, è stato traumatico. Nel testo teatrale Kleinman muore assassinato dai suoi stessi compagni, lasciando tutti con una delle sue battute:

Kleinman muore, poi si solleva appena da terra e dice «E un’altra cosa. Se c’è una vita dopo la morte e finiamo tutti nello stesso posto – non chiamatemi, vi chiamo io.»

Dopodiché un uomo entra sul palcoscenico e grida di aver visto l’assassino, così tutti scappano via ed il sipario si chiude.

Nel film, invece, dopo aver tentato inutilmente di catturare il vero assassino con il mago del circo, quest’ultimo propone a Kleinman di fargli da assistente per intraprendere una nuova vita e dopo un po’ di titubanza, accetta…e partono i titoli di coda. Un finale scialbo, che non ti lascia nulla, di un film che non vuole dire nulla o se vuole dare qualche insegnamento (come nella sceneggiatura teatrale) viene detto così silenziosamente, da passare come elemento di secondo, nonché terzo piano.

Davvero da dimenticare.

– Ambientazione –

Un titolo di merito va data all’ambientazione. I costumi e la scenografia, sempre immersa in questa nebbia squarciata appena dalle luci dei lampioni a gas, riportano alla mente i gloriosi film degli anni ‘30 tedeschi. Le luci e le ombre ricadono bene a colorare il già suggestivo bianco e nero, nella giusta proporzione del noir, in una città resa labirintica e misteriosa.
Un grande applauso a Di Palma.

Per il resto, consiglio a tutti gli interessanti di leggersi Senza piume di Woody Allen, edito dalla Bompiani, che contiene il testo teatrale di Ombre e nebbia, lì intitolato: Morte.

Voto finale: 3 (la bella fotografia non salva un film)

Condividi