TWR la (psico)analisi della 3a stagione di Daredevil: ci voleva tanto?

Nel 2018 Netflix ci ha mitragliati di serie su licenza Marvel con un range qualitativo che va da pessimo a mediocre, mi riferisco ovviamente alle seconde stagioni di Jessica Jones, Luke Cage ed Iron Fist.

Dal 2015, quando sbavavamo davanti alla TV per l’esordio di Daredevil, di merda sotto i ponti ne è passata parecchia (la mamma di Giessica coi capelli arruffati, i piccoli problemi di cuore di Danny il traslocatore, Davos lo squallido, quel tale Diamondback…) ma, nonostante tutto, ho continuato a credere con fede incrollabile nella terza stagione di Daredevil. Per riaccendere un lumicino di speranza mi è bastato rivedere nel primo teaser il gigantesco Kingpin di Vincent D’Onofrio e l’ottimo Matt Murdock di Charlie Cox (una volta tanto sottolineiamolo, si parla sempre di D’Onofrio ma è bene ricordare che Daredevil ha anche un eccellente protagonista).

E, in effetti, la terza stagione di Daredevil ha riportato le serie Marvel Netflix sulla retta via. Il nuovo showrunner Erik Oleson – che, pensate un po’, viene dalla writer’s room di Arrow (?!?) – ha riportato il focus sui personaggi, gestendo nel migliore dei modi tutto il main cast composto da Matt, Fisk, Karen e Foggy, ed inserendo nell’equazione un nuovo villain, Ben Pointdexter (il Bullseye dei fumetti Marvel). L’introduzione di “Dex” è davvero molto ben orchestrata, sia per quanto riguarda la presentazione della sua backstory con l’espediente delle microcassette, che nel breakdown nervoso che lo trasforma in un villain a tutto tondo.

Sottolineare come Vincent D’Onofrio, dopo il soldato palla di lardo di Full Metal Jacket, abbia trovato il ruolo della vita è persino superfluo, il suo Kingpin si conferma come una delle migliori trasposizioni live action di un personaggio dei fumetti ma, come scrivevo in apertura, occorre sottolineare quanto Charlie Cox – talvolta poco considerato dalla critica per lo strapotere di Kingpin D’Onofrio – sia riuscito a cucirsi addosso un personaggio non semplicissimo come Matt Murdock. Senza dimenticare il suo ottimo feeling con gli stunt, gran parte dei quali sono realizzati da lui. Anche nel piano sequenza spacca-mascella di 11 minuti (UNDICI) che vede, nell’episodio 3×04, Matt in fuga da un carcere di massima sicurezza, buona parte dei pugni li dà e li prende proprio lui.

– sta mano pò esse fero o pò esse piuma –

Senza bisogno di fare accostamenti con il celeberrimo Rinascita di Frank Miller e David Mazzucchelli, di cui la serie ha solo un’eco molto vaga, la terza stagione di Daredevil rappresenta un evidente back to basics per il personaggio. Una stagione che trasmette sempre l’idea di avere grande spessore, con una sceneggiatura ispirata e coerente ed un comparto tecnico solido. Ovvio dunque chiedersi, dopo tutte le ore di fuffa che Netflix ci ha propinato di recente con i personaggi Marvel: ci voleva tanto? Mamma Netflix, se sei in grado di fare roba come Daredevil, perché hai lasciato naufragare il progetto di un microcosmo di eroi street level verso cui il pubblico guardava con grande curiosità ed occhio benevolo?

Con Disney+, la piattaforma di streaming di Topolino al lancio nel 2019, le serie Marvel Television concesse in licenza a terze parti sono destinate ad esaurire la loro corsa nel breve-medio periodo. Resta la speranza che, dopo le inevitabili e sacrosante cancellazioni di Luke Cage ed Iron Fist, il Daredevil di Charlie Cox possa proseguire ancora le sue avventure sul piccolo schermo ricordando a tutti che i supereroi in TV possono essere raccontati anche con qualità e che una storia di vigilanti necessità di sangue e pugni, tanti pugni ben assestati come quelli di Daredevil.

Io vi aspetto come sempre sulla mia pagina Facebook per commentare insieme la terza stagione di Daredevil.

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