TWR la (psico)analisi della 2a stagione di Iron Fist, quando meno peggio non è abbastanza

Lo dicono gli spettatori, lo conferma anche la critica del web: la 2a stagione di Iron Fist è meglio meno peggio della stagione d’esordio. Ok, ma non lasciamoci trasportare da facili entusiasmi e non dimentichiamo che la prima stagione era stato il primo, grosso, passo falso di Netflix con le licenze Marvel. Da lì in avanti, di scivoloni coi personaggi della Casa delle Idee, mamma Netflix ne avrebbe fatti molti altri (su tutti la stagione 2 di Jessica Jones in cui lei, in un trionfo di pettorali maschili depilati e subplot ben oltre il confine del fregacazzi, combatteva una sciura coi capelli arruffati e problemi di controllo della rabbia che risultava meno credibile di Adam Sandler in Terapia d’urto).

Ora, va bene che siamo d’accordo sul fatto che la stagione due con protagonista il minchione di K’un Lun il campione di K’un Lun sia un tantino meglio meno peggio della prima – anche io all’inizio dicevo ‘però, dai, tutto sommato…’ – ma può bastare un passetto in avanti per dargli la sufficienza o persino giudicarla come un prodotto godibile? Senza troppi giri di parole, no. E ora cerco di chiarire, anche ai campioni del bicchiere mezzo pieno, perché non c’è di che essere contenti.


– ehi, questi bicchieri qui sono tutti vuoti! –

1) Tirare a campare. Dopo i primi 13 episodi di Iron Fist e dopo quel pasticciaccio brutto di The Defenders (la cui vicenda ruotava proprio attorno a Danny lo sbadato), questi nuovi episodi erano attesi con la stessa enfasi di una raccomandata di Equitalia. Logico dunque che, se come termine di paragone hai una ventina di puntate che avrebbero meritato il cassonetto dell’umido, anche una robetta à la Arrow ti pare tutto sommato digeribile. In soldoni: se prima ti do un panino alla merda e poi te lo do senza condimento, è comunque un passo avanti, no?


– Buono questo nigiri. Ma… come mai era marrone? –

2) Accorciare. Finalmente i tizi della writer’s room hanno capito che non ne hanno per 13 puntate. Vi ricordo che, se escludiamo The Defenders, tutte le stagioni delle serie Marvel/Netflix hanno sempre lo stesso formato da 13 episodi ma, di recente, è venuto fuori un problemone: quelle cose che si chiamano idee sono appassite come foglie in autunno ed i plot delle stagioni sono diventati molto scarni. Ciononostante i produttori si sono ostinati a spalmare su tredici ore trame riassumibili in un tweet. Il risultato era un sacco di gente che parlava e parlava e parlava ancora… Stavolta il genio di turno ha capito l’antifona e la stagione due di Iron Fist ha solo 10 episodi. Tre ore di sofferenza in meno sono comunque un passo avanti, no?

3) Una carezza ed un pugnetto. I combattimenti della prima stagione erano imbarazzanti, nella stagione due la situazione è decisamente migliorata ma sarebbe bene non dimenticare che Iron Fist, per il DNA fumettistico del suo protagonista, avrebbe dovuto avere come nucleo centrale le arti marziali, non le paturnie adolescenziali di un miliardario che si mette a fare il traslocatore perché è un cazzone. Insomma, se cercate coreografie spettacolari meglio andiate su un altro canale (guardatevi Into The Badlands ad esempio), ma comunque passare dal livello “lite alla scuola d’infanzia” al livello “rissa in prima media” è un passo avanti, no?


– l’uomo che usciva la gente –

4) Rocky III. La trama della seconda stagione di Iron Fist è abbastanza lineare ed è, praticamente, la stessa di Rocky III. Il protagonista esce sconfitto dallo scontro con la sua nemesi e perde tutto (Rocky perde la faccia ed il titolo, Danny perde la lampadina da 100 watt che stringe nel pugno). La parte centrale della storia è l’allenamento per riprendersi ciò che si è perso. Puntare sull’usato sicuro di storiella semplice, seppur già vista e rivista, è comunque un passo avanti, no?


– Colleen, hai messo su un bel po’ di muscoli –

5) I fumetti. A ‘sto giro si è ripreso qualche espediente narrativo dei fumetti: la rivalità con Davos, la mascherina gialla, un incontro svoltosi a K’un Lun davanti a tre giudici di Mastechef Himalaya, l’epilogo furbetto con le pistole in stile Orson Randall (a proposito, questa cosa qui la trovate ne L’Immortale Iron Fist di Brubaker, Fraction ed Aja che è la migliore run a fumetti sul personaggio, leggetevela). Ma, ehi, questo tizio che tira pugni con la disinvoltura di un ottantenne con l’osteoporosi avrebbe dovuto affrontare un epico incontro di fronte a tutto il popolo immortale di K’un Lun per poi affondare le mani nel cuore di un drago. Drago che, per risparmiare, nella 1a stagione era stato “rappresentato” da due lucine rosse dell’albero di Natale su sfondo nero. Voglio dire, viviamo in un periodo in cui in TV ci sono i draghi di Game of Thrones, non pretendo tanto ma anche una roba un po’ farlocca tipo un fortunadrago de La Storia Infinita sarebbe stato gradito. Ma comunque le mascherine gialle che omaggiano i fumetti sono un passo avanti, no?


– potevamo stupirvi con effetti speciali… E INVECE NO! –

La risposta a tutte queste domande è sempre la stessa: no, non è abbastanza.

Io vi aspetto come sempre sulla mia pagina Facebook per commentare insieme la seconda stagione di Iron Fist.

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