TWR: ve li meritate i fottuti Peaky Blinders?

Viviamo in un periodo in cui il successo di molte serie TV è decretato dal chiacchiericcio che se ne fa sui social network e dalla conseguente visibilità fornita dai siti di settore. Ed è incredibile che oggi, dopo 4 stagioni in continuo crescendo, di Peaky Blinders non si parli quanto di serie come Game of Thrones o Stranger Things.
Credete stia esagerando? Se la pensate così, non avete mai visto Peaky Blinders. Oppure, opzione B, l’avete visto e… dite che non fa per voi. In questo caso, con buona probabilità, il vostro target è roba tipo Quantico o magari guardate ancora Arrow nel 2018, e allora alzo le mani e ognuno per la sua strada, dai. Facciamo finta di ignorarci reciprocamente.

Nato da un’idea di Steven Knight, uno dei 3 creatori del celeberrimo format ‘Chi Vuol Esser Milionario?’ oltre che showrunner della recente Taboo, Peaky Blinders va in onda dal 2013 sulla BBC, ed è un altro esempio della crescente ascesa qualitativa della TV britannica degli ultimi anni (Doctor Who, Luther, Sherlock, Black Mirror, Utopia e molto altro).

Peaky Blinders è una gangster story ambientata a Birmingham negli anni ’20 – un periodo particolarmente difficile da un punto di vista socio-economico per la Gran Bretagna – e segue l’ascesa criminale di Thomas Shelby, interpretato da uno degli attori feticcio di Chistopher Nolan: Cillian Murphy. Tommy è il leader dei Peaky Blinders, un gruppo di malavitosi con un usanza particolare, utilizzano delle lamette nascoste nel risvolto dei cappelli, che diventano così delle potenziali armi per accecare i rivali. La famiglia Shelby gestisce varie attività illegali – inizialmente legate in prevalenza alle scommesse sulle corse dei cavalli – e la storia della gang è ispirata, molto liberamente ed altrettanto vagamente, ad una banda realmente esistita.

La scalata criminale di Tommy sarà molto rapida e, nel corso delle 4 stagioni finora prodotte (ciascuna da 6 episodi), si ritroverà ad aver a che fare non solo con la polizia, incarnata dal meschino ispettore Campbell interpretato da Sam Neill, ma anche con gli ebrei dell’istrionico voltagabbana Alfie Solomon ed i mafiosi italoamericani di Luca Changretta, personaggi che hanno rispettivamente il volto di Tom Hardy e Adrien Brody.
Quindi: Cillian Murphy, Tom Hardy, Adrien Brody e Sam Neill. E questa serie voi ancora non l’avete vista? Davvero?

Cillian Murhpy è la colonna su cui si basa tutto: come Jon Hamm in Mad Men, lui è il baricentro della serie. Ed è straordinario, espressivo, dolente e cattivo. Tommy è vittima delle circostanze, ma è anche l’uomo che non perde mai il controllo. É un manipolatore ma è a suo modo “giusto”, ha un suo codice, ed è uno tra i più riusciti antieroi che la TV moderna, da Tony Soprano in poi, abbia mai prodotto.

Attorno a Tommy, Steven Knight ha messo su un impianto narrativo ispirato e solido che all’inizio di ogni stagione prepara il campo per dei climax poderosi che esplodono sistematicamente nei vari season finale. Ed uno dei segreti del successo è proprio nel senso di compatezza ed uniformità di ogni stagione: tutti gli episodi sono scritti dallo stesso Steven Knight ed inoltre c’è un unico regista per ciascuna stagione (tranne che nella prima, che di registi ne ha due). Se ben ricordate questa non trascurabile peculiarità fu una delle chiavi del successo anche della prima stagione di True Detective.

Altro merito di Knight è quello di essere un uomo di grande buongusto. Una delle particolarità della serie, infatti, è un’estetica visiva parecchio stilosa: i personaggi sfilano per le strade ripresi di spalle o in slow motion mentre delle fornaci sputano fuoco sullo sfondo (spesso gli episodi di aprono con delle lunghe camminate di Tommy che fuma). Il più delle volte, azzardi come questo in una serie di stampo storico possono mandare in vacca il patto con lo spettatore e la sospensione dell’incredulità ma vi garantisco che questa patina glamour, invece che una stonatura, è uno degli elementi che dà ancor più carattere alla serie. Serie che, anzi, mantiene sempre grande plausibilità nel raccontare il periodo storico in cui si muovono i protagonisti. Verrete sopraffatti da questa Birmingham cattivissima e teatrale.


– lo Stile™ –

A proposito di stonature apparenti, un altro colpaccio di Peaky Blinders è lo straordinario utilizzo di brani musicali che non hanno proprio nulla a che spartire con l’Inghilterra degli anni ’20 e che, invece, riescono ad amplificare la potenza visiva dello show. La soundtrack è composta da brani di Nick Cave (è sua Red Right Hand, il main theme che apre e chiude gli episodi), PJ Harvey, Arctic Monkeys, David Bowie, Jack White ed un numero incalcolabile di pezzi dei Radiohead. Tutta gente che fa (o ha fatto) musica con grande padronanza del mezzo ma senza compromessi, sperimentando, fottendosene degli stilemi e dei canoni. In pratica quello che ha fatto Steven Knight con la sua serie.
Pensate che fu Bowie stesso, grande fan della serie, a chiedere che un suo brano fosse utilizzato nello show. Knight non se lo fece ripetere due volte: e così Lazarus (uno dei singoli di Blackstar, l’ultimo album del duca bianco) fu inserito, in maniera memorabile, nella terza stagione.
Ma il momento musicalmente più alto della serie, per me, è un altro: guardate il video qui sotto e ammirate come Pyramid Song dei Radiohead fotografa la vita di Tommy Shelby nel finale della 4a stagione (tranquilli, zero spoiler su tutta la linea).
E ora, ditemi: siete senza parole? Siete straziati per non aver ancora visto Peaky Blinders?

Insomma, sono tanti i motivi che rendono Peaky Blinders uno show immensamente bello. Ma voi siete certi di meritarvelo? Perché non dovete solo vederlo, no. Dovete amarlo, dovete restarne ipnotizzati, dovete capirne la viscerale crudeltà e sbalordire di fronte ad un’estetica così raffinata. E poi, ovviamente, dovete parlarne a tutti: agli amici della palestra, ai colleghi, a quei 3 scrocconi con cui dividete l’account Netflix, al gruppo del fantacalcio e pure nella chat delle mamme. A costo di apparire monomaniacali, dovete farlo perché Peaky Blinders se lo merita.
E voi siete certi di meritare Peaky Blinders?

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