Dylan Dog 350 – Lacrime di Pietra

Cari lettori del Bar del Fumetto, oggi parliamo del numero 350 della serie regolare di Dylan Dog, “Lacrime di pietra”, testi e disegni di Carlo Ambrosini, veterano di tante battaglie della Sergio Bonelli Editore. L’albo è, come usuale ormai per ogni importante traguardo raggiunto dalla testata, tutto a colori, con la colorazione che è stata eseguita da Giovanna Niro. E per non farsi mancare niente, per l’amore degli instancabili collezionisti, oltre alla solita copertina di Angelo Stano, è stata rilasciata durante l’evento “Lucca Comics and Games 2015” una versione cover variant a tiratura limitata, ad opera di Lorenzo Mattotti.

La storia in breve

Bloch, ancora in convalescenza dopo i fatti del 349, presenta al suo “old boy”, nel cortile di una chiesa, due donne con cui ha stretto un legame di amicizia: Augustina e sua figlia Crispille. Quest’ultima, che era una ballerina di successo, è sfortunatamente diventata cieca, ed è accomunata sia per la somiglianza che per il nome a San Crispille, la cui statua di pietra, di fronte alla chiesa dove si recano ogni settimana i personaggi della storia, ha gli occhi cavi.

Bloch rivela a Dylan di essersi innamorato della giovane ragazza, nonostante l’ingente divario di età, ma durante la storia scoprirà che le donne non sono proprio come le aveva immaginate lui, “casa e chiesa”, ma hanno legami con la mafia russa.

Crispille si sente molto vicina alla santa portoghese che porta il suo nome, anche se non condivide la versione ufficiale della sua storia che la vuole come una povera ragazza stuprata da due contadini e santificata dopo il suo perdono, ma invece ritiene che sia stata una donna terribile e vendicativa, un “demone di pietra” con poteri sovrannaturali. Questo demone di pietra, che anima la statua della chiesa, protegge Crispille, e saranno le persone che incrociano la sua strada a scontare la terribile rabbia che possiede la santa.

Cosa mi è piaciuto

Partendo da alcune impressioni visive, 2 cose mi hanno principalmente colpito di questo albo. Per cominciare mi è piaciuta l’alternanza di due colori molto presenti e spesso contrapposti fra le pagine di questo fumetto: il blu e il rosso. Il primo è utilizzato in scene in cui a prevalere è il sentimento della tristezza, della malinconia, del rammarico e della solitudine; accompagna le immaginazioni di Crispille a casa sua e le tristi riflessioni di Bloch, solo sulla panchina ad aspettare l’alba. Il secondo invece evidenzia sentimenti completamente contrapposti: dal furore della rabbia di San Crispille e della distruzione che porta, al caos del bar Crazy Horse dove ha sede la mafia russa.

Un secondo aspetto interessante che ho notato è che Lacrime di pietra è uno dei fumetti più “silenziosi” della serie. Come ben sappiamo, non è difficile trovare le pagine di Dylan Dog sommerse da interminabili spiegoni che ci aiutano a capire ogni singola cosa che accade nelle storie. Qui invece Carlo Ambrosini preferisce lasciare più spazio ai suoi disegni che ai dialoghi fra i personaggi, lasciando che la storia prosegua per molte pagine senza nemmeno una nuvoletta.

Infine mi è piaciuto molto sia il personaggio di Bloch, completamente cambiato da un anno a questa parte, che con l’agognato pensionamento ha trovato più incubi di quanti ne sognasse anche lontanamente; che quello di Crispille, che, rimasta cieca, affida alla sua immaginazione le sua paure e le sue riflessioni.

Cosa non mi è piaciuto

Onestamente mi aspettavo un po’ di più. Sia perché era il numero 350, sia perché Ambrosini ci ha abituato a opere ben più degne di nota (personalmente, penso ad un’altra serie della Bonelli, che secondo me ha lasciato il segno, Napoleone).

La storia è bella, non ci sono dubbi, ma potrebbe tranquillamente essere un qualsiasi altro numero di Dylan Dog, mentre forse mi aspettavo qualcosa di più decisivo, che mettesse le mani sulla storia e sul mondo del protagonista, come spesso è accaduto in occasione di questi numeri speciali. Mentre per i disegni, forse ritengo che Ambrosini dia il meglio di sé col bianco e il nero (in verità penso che questo valga per tutti gli albi di Dylan Dog). La bellissima colorazione di Giovanna Niro non si sposa bene secondo me col tratto molto squadrato dell’autore, anzi ne ha messo ancora più in risalto la spigolosità.

Conclusioni

Lacrime di pietra è un bel fumetto, in pieno stile Dylan Dog, che consiglierei ad ogni aspirante lettore della serie. La storia è avvincente e i disegni, nonostante le osservazioni di prima, sono come ci aspettiamo che siano in un fumetto della Bonelli, di qualità superiore rispetto al resto del panorama fumettistico. Mi aspettavo di più, e in particolare, sarò forse frettoloso, mi aspettavo di vedere qualche sviluppo decisivo nell’ambito del nuovo corso narrativo intrapreso negli ultimi 12 mesi. Ma sono sicuro che non dovremo aspettare molto per questo, considerato anche che fra soli 10 numeri si festeggerà il trentennale della serie. Non ci resta, ancora una volta, che aspettare.

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