Miracleman la trinità del superuomo secondo Alan Moore

“Ecco io vi insegno il superuomo: egli è questo fulmine, egli è questa follia” 
Friedrich Nietzsche, Così Parlò Zarathustra.

Si chiude così il prologo di Mick Anglo (creatore di Miracleman negli anni ’50) alla prima edizione americana di Miracleman targata Eclipse e datata 1985. Anche se la run di Moore (che appare nei credits dell’edizione Marvel come Lo Scrittore Originale) iniziò la sua avventura tre anni prima, nel 1982 sulla rivista britannica Warrior, questa tavola rappresenta un ideale passaggio del testimone da Anglo a Moore, dal concetto infantile di uomo in calzamaglia anni ’50 alla decostruzione del supereroe anni ’80. Un’epoca in cui i protagonisti del fumetto supereroistico smettono di essere cavalieri senza macchia ed iniziano a fare i conti con dilemmi etici e tormenti interiori e possono persino morire di cancro come il Mar-Vell di Jim Starlin. Un periodo in cui gli sceneggiatori provano ad immaginare quale sarebbe l’impatto dei superesseri su un modello di società realisitica. E’ una tematica affrontata da Moore in Miracleman prima e in Watchmen poi, ma anche da altri fumetti dell’epoca come Lo Squadrone Supremo di Mark Gruenwald o Zenith di Grant Morrison.

In questa nuova era, lo scrittore originale riesce in una vera e propria impresa artistica: trasformare un’ingenua striscia anni ’50 in un manifesto del superuomo. L’espediente utilizzato è geniale. Moore, infatti, non rinnega le avventure raccontate da Mick Anglo trent’anni prima ma le inserisce in maniera organica nel nuovo corso di Miracleman. Quelle allegre scazzottate contro draghi e scippatori non erano altro che un sogno indotto, avventure oniriche volte ad esplorare il potenziale di superesseri dormienti creati in laboratorio. Ed è così che Michael Moran, un bolso reporter part time, ritrovandosi coinvolto in una rapina, riscopre casualmente la parola che riattiva il suo alter ego segreto ed i ricordi fittizzi delle sue prime, candide, peripezie: KIMOTA!

Da così…

…a così:

A sottolineare la risibilità delle precedenti avventure di Miracleman le parole di sua moglie Liz, tanto stupita quanto divertita dai racconti del marito: “Scusa Mike, ma è una storia così stupida”

Il Miracleman di Moore anticipò i tempi anche nel separare – pur con un’attenta progettualità – gli archi narrativi: oggi sono all’ordine del giorno fumetti suddivisi in story-arc o, per dirla alla Mark Millar, in stagioni (lo sceneggiatore scozzese, ispirandosi alla serializzazione TV, divise i suoi Ultimates in due seasons). Miracleman è composto da tre libri molto differenti per toni e tematiche, che mostrano le tre fasi della nuova vita di Moran/Miracleman, diversi momenti dell’ascesa del superuomo. 

Il libro primo, Il Sogno di un Volo, si concentra sulla riscoperta dei poteri e sull’impatto che questi hanno sulla vita di Moran. Con i poteri, ovviamente, arrivano i problemi e l’immancabile nemesi dell’eroe: Johnny Bates, al secolo Kid Miracleman. Bates, ebbro di potere, ormai da trent’anni ha relegato il suo alter ego umano nell’infraspazio “perché essere umani non è abbastanza quando il tuono porta il grido di guerra degli dei.”
In queste prime battute la sceneggiatura inizia a spingere sempre più sulla componente divina dell’eroe dando a Miracleman il suo primo seguace: Evelyn Cream. Cream, inizialmente ingaggiato per eliminare Moran, rimane immediatamente soggiogato dall’aura del superessere divenendone una sorta di discepolo.

Il Sogno di un Volo si conclude con la scoperta della genesi di Miracleman, un Dio creato con finalità belliche da un uomo, il dottor Gargunza. 

Il libro secondo, La Sindrome del Re Rosso, è imperniato prevalentemente sull’equilibrio padre-figlio: del Miracleman figlio con il suo cretore Gargunza e del Miracleman padre con la neonata Winter. Il titolo è un rimando ad Attraverso Lo Specchio di Lewis Carroll, sequel di Alice nel Paese delle Meraviglie. Nel libro compariva la figura del Re Rosso, un personaggio dormiente che si diceva stesse sognando l’esistenza stessa, svegliarlo avrebbe dunque condotto alla fine del creato. Il riferimento è, chiaramente, alla condizione di Miracleman che nei lunghi anni di prigionia nel laboratorio ha sognato un mondo che non esisteva.

Questo secondo arco narrativo ha due momenti memorabili. Innanzitutto il bacio d’addio di Miracleman a Gargunza, lo scienziato, mortificato dal suo figlio divino, prende coscienza negli ultimi istanti di vita della sua inadeguatezza. E poi, naturalmente, la natività brutale e naturale al tempo stesso con un Miracleman sempre più assimilabile ad una figura sacra ed ultraterrena. 

Nel primo libro ci è stato presentato un Dio (seppur non misericordioso e spesso guidato da istinto e rabbia), nel secondo libro abbiamo fatto la conoscenza del figlio di questa divinità. Per certi versi Moore ci ha sviati, nel terzo libro l’idea che i tre archi narrativi potessero, in realtà, rappresentare l’excursus in una trinità di stampo quasi cattolico, viene smentita. In Olimpo Miracleman non rappresenta lo Spirito Santo, impersona invece il compimento della filosofia di Nietzsche applicata al fumetto di Moore: l’oltreuomo si libera dei falsi valori etici e spezza le catene sociali. Non guida la società perché, come vorrebbe il cristianesimo, deve farlo, lui diventa guida perché, come sostiene Nietzsche, vuole farlo. E così il distacco tra Moran, uomo comune, e Miracleman, superuomo che segue la sua volontà di potenza ed il desiderio di perpetuo rinnovamento, si fa sempre più abissale.

In Olimpo Moran scompare, dopo un simbolico ed evocativo funerale, per lasciare il campo a Miracleman, l’ascesa del superuomo è completa: un essere superiore, umano e divino al tempo stesso. La sceneggiatura di Moore cambia tono e si affida frequentemente alle didascalie per narrare l’ultimo libro della sua run, un libro in cui si raggiungono incredibili vette di lirismo come nel capitolo IV Pantheon, in cui la prosa e la narrazione sono accompagnate dalla danza del protagonista. Il ballo del superuomo è il simbolo dello scorrere della vita ed è un altro evidente richiamo alla filosofia di Nietzsche espressa in Così parlò Zarathustra:

“Io crederei solo ad un dio che sapesse danzare”

Il concetto della realizzazione del superuomo, in effetti, è stato analizzato da Moore anche in Watchmen. Ma se Miracleman rappresenta in tutto il superuomo della filosofia di Nietzsche, in Watchmen vi sono due superuomini “mancati”: Ozymandias ed il Dottor Manhattan.
Veidt/Ozymandias è affamato di potere e conoscenza, ha un intelletto ed una forza di volontà che gli consentono di primeggiare ma, per quanto ambisca al divino e desideri imporre il suo volere sulla società, rimane sempre un uomo con tutti i sui limiti (tanto che alla fine – probabilmente – basterà un banale diario per far saltare i suoi piani…). Il dottor Manhattan, per contro, è un essere che ha gradualmente perso la capacità di emozionarsi e, nonostante sia una creatura onnipotente, è proprio il suo algido distacco verso la condizione umana ad impedirgli di ascendere al rango di superuomo.

Insomma Miracleman è stata una serie epocale che per troppi anni è rimasta nell’oblio per questioni editoriali. Adesso, grazie all’acquisizione dei diritti da parte di Marvel (e di conseguenza da parte di Panini in Italia), è tornata nelle fumetterie ed è evidente quanto l’opera di Alan Moore sia invecchiata bene. Anzi, va detto che il confronto tra questo fumetto – la cui pubblicazione inizio ben 33 anni fà – e la media delle proposte odierne è impietoso. E si tratta di un’opera ancora più pionieristica per i primi anni ’80 se ripensiamo anche alle tematiche trattate. Non solo una natività resa in modo così esplicito  e meravigliosamente brutale ma anche politica, sesso ed omosessualità (Miraclewoman rivela a Miracleman che Dicky Dauntless, Young Miracleman, era in realtà innamorato di lui). Senza dimenticare scene di vera e propria ultraviolenza splatter come nel finale di Nemesi (il capitolo 5 di Olimpo), un epilogo tanto atroce quanto inevitabile.

Non posso, inoltre, non spendere due parole sui disegnatori che si sono alternati sulla run dello Scrittore Originale: dal sinuoso Garry Leach allo straordinario Alan Davis, maestro nel donare espressività a Moran/Miracleman, per chiudere in bellezza con il sontuoso John Totleben già magistrale disegnatore dei momenti più lisergici ed estatici dello Swamp Thing dello stesso Moore.

Per chiudere un breve cenno sulle edizioni italiane: Panini ha iniziato a pubblicare Miracleman in spillati da edicola (per un totale di 16 numeri) che ricalcano l’edizione Marvel, ma sono arricchiti dagli editoriali di Nicola Peruzzi sempre molto efficaci per approfondire il contesto storico ed il sottotesto dei vari capitoli. Adesso è inoltre disponibile una ristampa in cartonato oversize (analogo a quello de I Grandi Tesori Marvel) suddivisa in tre volumi, uno per ogni libro di Moore.
La run di Neil Gaiman, in parte già edita negli anni ’80 ed in parte ancora inedita, verrà invece ristampata a partire da fine 2015.

A prescindere dall’edizione in cui decidiate di leggerlo, Miracleman è un must read assoluto, un fumetto adulto e straordinariamente bello. Alan Moore, alla fine, ci ha davvero spiegato il superuomo.

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