THANK GOD IS A HUGE WEDNESDAY 16 – PART ONE

Vista la spropositata quantità di fumetti in uscita questa settimana, sono costretto a spezzettare Thank God Is Wednesday 16 non in due ma in ben tre parti! Per questa primissima porzione verranno recensiti alcuni fra i Tie-In collegati a Secret Wars. Bando alle ciance, c’è troppa carne sul fuoco. Cominciamo!

Old Man Logan #1 – Bendis/Sorrentino
The Return Of The King

La tetra distopia creata da Mark Millar e Steve McNiven ben sette anni fa è tornata, cupa e violenta come non mai. Seguito diretto del capolavoro narrato nel 2008, Brian Michael Bendis e Andrea Sorrentino riportano in auge Old Man Logan grazie a Secret Wars infondendogli nuova linfa vitale, corroborando quell’impronta action-riflessiva tipica della precedente opera. Oltre a catturarne il feeling, il revival di Bendis/Sorrentino si allaccia perfettamente agli eventi passati: Old Man Logan #1 riprende poco dopo il termine dell’esilio autoimposto del Vecchio Wolverine, successivamente alla battaglia vittoriosa contro la Hulk Gang. Questo sequel dal sapore on the road si concentra sull’impegno del Ghiottone Canadese per ristabilire l’ordine nelle aride terre prive di eroi degni di questo nome.

Nuove fazioni si affacciano sulle desolate lande di questo dominio, pronte a macchiare di perversione l’iconografia supereroistica del passato: boss criminali che indossano l’elmo di Iron Man, gang di Daredevil e giovani Punitori colpevoli di violente guerriglie. Bendis definisce ulteriormente il mondo creato da Millar con dettagli in grado di rendere l’atmosfera ancora più cruda durante la lettura. Il Wolverine di Old Man Logan #1 è stoico e selvaggio, non si fa scrupoli a sfoderare i suoi artigli spesso e volentieri, ricorrendo alla violenza ogni volta in cui c’è n’è bisogno. È ancora il migliore in quello che fa e Bendis tende a sottolinearlo ogni volta che ne ha la possibilità.

Andrea Sorrentino rappresenta alla perfezione il mondo post-apocalittico di Old Man Logan grazie alle sue matite ruvide, ombrose e dettagliate. Il setting decadente e fatiscente diviene un vero e proprio protagonista grazie alla padronanza artistica degli ampi spazi e all’utilizzo di numerose pagine prive di layout, in grado di enfatizzare ulteriormente il senso di vuoto che permea la issue. Logan è ritratto in maniera meravigliosa, incredibilmente espressiva a dispetto dei numerosi pannelli in cui parte del suo volto è in ombra. Nelle sequenze d’azione Wolverine perde qualsiasi caratteristica umana per diventare un selvaggio animale i cui arti precipitano sfruttando la forza di gravità nei corpi delle vittime. La brutalità della violenza è ulteriormente incrementata grazie alle fragorose esplosioni del colorista Marcello Maiolo e alle sue vibranti macchie cremisi.

Old Man Logan #1 è il gradito ritorno di una delle più iconiche storie del mutante canadese scritte negli ultimi anni. Bendis e Sorrentino raccolgono l’eredità lasciata da Millar e McNiven per renderle onore, arricchendola di uno stile rinnovato mantenendone però la tipica ferocia. Lo storytelling Bendisiano decompresso e dialogico muta, adattandosi al mood crudo e desolante del mondo in cui questo Logan è costretto a vivere ed il risultato è uno dei migliori comics che l’autore abbia scritto negli ultimi anni. 

 

The Infinity Gauntlet #1 – Duggan/Weaver
We’re Family

Le terre desolate di una metropoli dal passato glorioso distrutta dall’attacco di giganteschi insetti, una famiglia di sopravvissuti che copre tre generazioni il cui unico obiettivo è quello di muoversi il più rapidamente possibile evitando gli attacchi dei mostruosi esseri. Così si apre il re-imagining di una delle saghe più famose dell’Universo Marvel, con una issue ben strutturata e narrata dalla cinica Anwen, la più grande fra le due figle della famiglia Bakian. Abbandonati da una madre membro del Nova Corps, Faye, sorellina di Anwen, suo padre, suo nonno e il loro cane ZigZag hanno perduto qualsiasi tipo di protezione nel momento in cui il disastro ha colpito la città e adesso sono completamente soli.

In The Infinity Gauntlet #1 le dinamiche familiari rendono anche le sezioni più statiche della issue incredibilmente coinvolgenti: l’impatto emotivo dei personaggi e delle loro caratterizzazioni è in grado di creare immediatamente un legame con il lettore. Le interazioni fra i quattro sopravvissuti simboleggiano alla perfezione la loro diversità ed il conflitto generazionale che inevitabilmente diventa protagonista durante le decisioni, gli scambi di idee e le meste riflessioni sulla madre apparentemente scomparsa.

È impossibile scindere l’operato di Gerry Duggan e Dustin Weaver: entrambi accreditati come autori dei testi, è evidente quanto ben intrecciato sia il lavoro di script ed illustrazione. I dialoghi brillanti e vivaci sono accostati ad una perfetta presentazione del setting grazie ad un Duggan in stato di grazia, in grado di rendere accattivanti ed emotivamente coinvolgenti anche le sequenze d’azione. Weaver è fenomenale nel riempire di vignette di TIG#1, addensando lo storytelling a tal punto da immettere anche dodici pannelli in una sola pagina! Ognuno di essi è in grado di colpire il lettore come se fosse una enorme splash-page e capace di raccontare una storia lunga molte più pagine. Oltre a tutto ciò, il setting, gelido e sconfortante, è rappresentato alla perfezione proprio come i protagonisti.

Nonostante questi evidenti pregi, la battaglia per la sopravvivenza della famiglia Bakian non è adatta a chi ama l’azione pura e semplice: il ritmo può risultare molto lento e la lettura richiede grande attenzione per i numerosi dialoghi, elemento indispensabile per empatizzare con i personaggi e godersi al meglio la issue, anche durante le sequenze d’azione.

Il legame con quell’antico The Infinity Gauntlet di Jim Starlin non è immediatamente chiaro e spesso si può rimanere perplessi chiedendosi perché sia stato utilizzato questo titolo. Ma queste sono ovviamente quisquilie su cui è totalmente inutile soffermarsi: Gerry Duggan e Dustin Weaver hanno confezionato un’esperienza profonda e d’impatto, in grado di appassionare il lettore creando un setting affascinante, una serie di protagonisti piacevoli e chiudendo la issue con un ottimo cliffhanger.

 

Secret Wars 2099 #1 – David/Sliney
Avengers 2099

Il team creativo dell’ottimo Spider-Man 2099 si cimenta nella scrittura di questo Tie-In di Secret Wars, mantenendo l’ambientazione futura ma spostandosi nel Battleworld dominato da Emperor Doom. Peter David, veterano dell’Universo 2099, introduce rapidamente i Vendicatori del futuro, un concetto mai esplorato in questa linea editoriale concepita negli anni 90. Le versioni alternative di Captain America, Hawkeye, Iron Man e Black Widow, accompagnate dal Semi-Dio Immortale Hercules conosciuto da tutti, che compongono il Supergruppo sono caratterizzate alla perfezione nel giro di pochissime pagine ed immediatamente il lettore è in grado di definire il ruolo che ognuno dei personaggi avrà negli Avengers del 2099. Se apparentemente può sembrare che David si sia affidato a stereotipi per delineare le personalità dei protagonisti, nel corso della issue è evidente quanto in realtà essi riescano a diventare unici nel loro genere, Hercules e Captain America su tutti, così come il rapporto conflittuale tra i membri del team rende interessantissime le loro interazioni.

Nueva York è rappresentata alla perfezione da Will Sliney: mutuando lo stile al neon tipicamente anni 90, l’artista dona alla N.Y. del futuro quell’aspetto da “Città che non dorme mai” che caratterizza la grande mela anche nella nostra realtà. Buono il design dei personaggi, un po’ meno soddisfacenti le colorazioni di Antonio Fabela e Andres Mossa, spesso inconsistenti e dalla qualità altalenante.

Nonostante siano presenti sequenze dallo script approssimativo e lievemente superficiali, Secret Wars 2099 #1 è un discreto build-up per una serie che si preannuncia fortemente Character-driven.

 

Inferno #1 – Hopeless/Garron
Back To Basics

Allacciandosi all’omonimo evento Mutante del 1989, Inferno #1 di Dennis Hopeless e Javier Garron è il Tie-In di Secret Wars che più si avvicina ad un What If rispetto a tutti gli altri. Cinque anni prima degli eventi narrati in questa prima issue, un’orda demoniaca proveniente da Limbo ha attaccato Manhattan e il tentativo di difesa degli X-Men è miseramente fallito. Illyana Rasputin/Magik, sorella di Piotr Rasputin/Colosso, è stata rapita dalle armate infernali e da quel momento il Mutante Russo non si è dato per vinto, impegnandosi imperterrito in una pericolosa missione di salvataggio ogni anno.

Spudoratamente fan-service, Inferno #1 sembra ispirarsi al periodo Claremont di X-Men Forever e le premesse seriose che traspaiono dalla sinossi non vengono rispettate in favore di un tono leggero in cui è l’azione a far da padrona. Hopeless riporta in auge personaggi come Domino, Boom-Boom e Madelyne Pryor in una issue dal ritmo rapido e dai dialoghi semplici. È necessario non pretendere troppo da Inferno #1: l’autore farcisce la sceneggiatura di espedienti narrativi impostati dall’alto per muovere la trama rendendo spesso la successione degli eventi innaturale.  

L’artwork di Javier Garron ha una qualità altalenate, alternando buone tavole a delle rappresentazioni degli X-Men protagonisti dall’anatomia innaturale. Spesso si ha come l’impressione che l’artista comprima la sagoma del personaggio illustrato per inserirlo artificiosamente all’interno di una vignetta. Garron da il meglio di sé con i terrificanti Demoni che infestano Manhattan, raffigurandoli alla perfezione. I colori di Chris Sotomayor sono tecnicamente perfetti ma una palette così vivace ed accesa stona con la bollente atmosfera infernale della issue.

Un primo numero divertente ma imperfetto, soprattutto nella costruzione della trama. L’incedere innaturale della narrazione attraverso l’utilizzo di palesi plot-device smorza l’entusiasmo durante la lettura ma, nel complesso, Inferno #1 è un Tie-In gradevole ma poco coinvolgente.

 

Where Monsters Dwell #1 – Ennis/Braun
Pulp Adventure

La vera grandezza di Secret Wars sta nel donare ad un enorme numero di autori un oceano di possibilità. Where Monsters Dwell nasce come Tie-In del Crossover, revival dell’omonima serie Marvel degli anni 70, ma si discosta immediatamente dalla serie principale dichiarandosi sin dalle prime pagine come una Mini-serie indipendente, una classica avventura pulp firmata da uno degli autori più influenti ed importanti nel mondo dei comics mainstream degli ultimi decenni: Garth Ennis.

Karl Kauffman, canaglia per natura, è il protagonista di questa mini-serie. Un pilota che incarna alla perfezione lo stereotipo tipicamente Ennisiano del mascalzone sarcastico e di bell’aspetto. Nonostante sia immorale, disonesto e detestabile, l’autore riesce comunque ad infondere in Kauffman un certo fascino, a tal punto da rendere la percezione del protagonista conflittuale e piena di sentimenti contrastanti. Ad accompagnare il carismatico e sarcastico Karl, c’è Clementine Franklin-Cox, una donna apparentemente ingenua e frivola che si rivela determinata nel momento in cui la coppia viene scaraventata nel terrificante reame preistorico delle Valley Of The Flame.

Russ Braun è la scelta artistica giusta per questo Tie-In, in grado di mescere alla perfezione un particolare stile ruvido e graffiante con l’impostazione da blockbuster action. Le sequenze in volo che coinvolgono gli Pterodattili catturano quel mood semiserio e picaresco che pervade tutta la issue. I personaggi sono ben caratterizzati esteticamente e la loro personalità si estrinseca nella gestualità e negli atteggiamenti, così come nelle espressioni facciali realistiche e credibili.

Where Monsters Dwell #1 è l’incipit di una vivace commedia avventurosa che mescola Indiana Jones e Jurassic Park, un Tie-In che si distingue dalla massa per il suo infischiarsene totalmente del Battleworld e di God Emperor Doom. Il ritorno di Garth Ennis alla Marvel è un successo su tutti i fronti.

M.O.D.O.K. Assassin By Yost/Pinna – Insopportabile, odioso, un irritante coglione. Questo è M.o.d.o.k., protagonista del Tie-In di Secret Wars ambientato nel Reame di Killville, di cui è l’implacabile custode. Il Dominio è caratterizzato dalla presenza di numerosi assassini ed il compito del letale organismo progettato per uccidere è quello di servire, suo malgrado, il Barone di Killville per liberare il Reame dalla feccia. I monologhi interiori del protagonista, scritti da un ottimo Christopher Yost, delineano alla perfezione la personalità arrogante e spietata di M.o.d.o.k. e le sue interazioni sarcastiche con le comparse di questa prima issue rendono bene l’idea di autoproclamata superiorità scientifica ed intellettuale del Killer dalla testa abnorme.

La surreale violenza di M.O.D.O.K. Assassin #1 è rappresentata grazie alle stravaganti matite di Amilcar Pinna. L’artista mette volontariamente da parte il realismo per realizzare delle sequenze d’azione esagerate, in grado di definire l’atmosfera grottesca della issue e il tono semi-serio di Christopher Yost. Ottima la prova ai colori di Rachelle Rosenberg, bravissima nell’esacerbare l’assurdità del Reame di Killville. Una prima issue divertente e dall’approccio originale.

Inhuman: Attilan Rising #1 By Soule/Timms – Il Dominio di Attilan, governato dalla Regina Medusa, è un tassello importante nei piani a lungo termine dell’Imperatore Doom. Talmente importante da richiedere la presenza, seppur olografica, del Dio alla corte degli Inumani per pressare la Regnante nella persecuzione del gruppo di resistenza che sta insorgendo contro il sovrano del Battleworld. Il nome dei ribelli, The Voice Unheard, è significativo. Charles Soule si ricollega alla sua run di Inhuman e, sfruttando il setting fornito da Secret Wars, racconta un intrigo politico complesso ma fruibile da qualsiasi lettore. L’autore è come suo solito un maestro nella caratterizzazione e già in questa prima issue è in grado di introdurre idee interessanti. Oramai Soule è diventato sinonimo di qualità.

John Timms dona ad Inhuman: Attilan Rising #1 un coinvolgente aspetto cinematografico grazie ai numerosi pannelli orizzontali. I personaggi sono vibranti ed espressivi, ritratti in maniera dettagliata e delineati in maniera distinta per fisionomia e poteri, immediatamente riconoscibili. È evidente quanto Charles Soule sia un pianificatore meticoloso e la sua run Inumana ne è la dimostrazione: i possibili sviluppi di questa mini-serie e le ripercussioni che essa potrà avere su Secret Wars rendono Inhuman: Attilan Rising uno dei Tie-In più importanti dell’intero mega-evento.

Terminiamo qui con le serie legate a Secret Wars, alla prossima per la recensione del finale di Convergence e gli interessanti Sneak Peek della DC Comics. Hasta la Vista!

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