The Multiversity – Pax Americana #1 (G. Morrison – F. Quitely)

Avete presente l’espressione “è uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo”? Ebbene, l’ineluttabilità del fato mi porta oggi ad un nuovo confronto con la psiche di Grant Morrison, nel tentativo di riallineare i fili del suo Multiversity, giunto al quarto numero. E quindi addentriamoci in Pax Americana, consci del fatto che il viaggio sarà destabilizzante.

La misura del tempo nel fumetto è da sempre qualcosa che affascina i suoi artisti di maggior rilievo, la capacità di giocare cronologicamente col media fumettistico è a dir poco inarrivabile perché si possono far coesistere contemporaneità, causa/effetto, “corsi e ricorsi storici”, predestinazione o multi-sequenzialità. Ora, immaginate il tempo come un numero 8 (non come un “cerchio piatto”): così perfetto e così necessariamente misterioso perché tutto il suo senso si racchiude attorno ad un nodo gordiano, ad un istante di pura lucidità in grado di mutare il destino della storia, intrecciando il regolare svolgimento del tempo. Per Morrison il tempo è come il numero 8, non il classico 0 Nietzschiano, ripetitivo serpente che si morde la coda per far quadrare il cerchio e presentare sotto una nuova luce eventi passati. Mentre il tempo percorrere la sua linea, c’è qualcosa che ne cambia il percorso e lo rinnova costantemente. Immaginate quindi che il tempo sia un numero 8. 

Partendo da questo presupposto possiamo meglio comprendere ciò che ci viene narrato in Pax Americana, dove la fine è l’inizio e l’inizio è la fine; possiamo aprire l’albo in un punto qualsiasi, cominciare a leggerlo in ordine sparso e il senso di ciò che stiamo leggendo non cambierebbe.
Alla base degli eventi raccontati da Morrison e Quitely (sui quali disegni mi soffermerò più avanti), c’è la scoperta del cosiddetto “algoritmo 8”, in grado di dipanare in modo chiaro dinanzi ai nostri occhi il senso del tutto: il mondo esiste su leggi matematiche e, risolvendone l’equazione che ne è alla base, si può capire tutto ciò che è stato e tutto ciò che sarà. Si può vedere il futuro e agire di conseguenza. Matematica e tempo sono strettamente collegati per due motivi: il primo è legato al funzionamento dell’universo, basato su una logica ferrea dove ad una causa corrisponde un effetto e dove tutto si può in teoria prevedere; il secondo motivo è la natura eterea di entrambi questi fattori, dacché la matematica è qualcosa che appartiene solo all’uomo che può riconoscerla (ma non effettivamente “toccarla”, se non nei suoi effetti), e la misurazione del tempo non è qualcosa di naturale, ma qualcosa che l’umanità ha apportato alla realtà (ed è altrettanto impossibile da “imbrigliare” in concreto).

Cercando di fare ordine nell’enorme massa di dati che ci vengono forniti in questo quarto capitolo di Multiversity, i protagonisti di questa storia sono gli eroi della Charlton Comics (personaggi che sono poi stati adattati da Alan Moore in Watchmen, cambiandone i nomi e alcune caratteristiche). L’albo si apre con la morte del Presidente degli Stati Uniti d’America e si sposta a ritroso nel tempo (ma non sempre) per cercare di illustrare un quadro più esauriente possibile di quello che sta accadendo nell’universo di Terra-4. Conosciamo quindi le origini e i rapporti tra i vari eroi presenti nella storia (vediamo Blue Beetle e Question in lotta tra loro in tempi recenti, mentre in passato erano compagni di squadra; ci viene presentata la Justice League di questa Terra e così via), vengono introdotti i personaggi che hanno scoperto dell’”algoritmo 8” e l’uso che vogliono fare di questa conoscenza, fino ad arrivare al passato remoto dei nostri protagonisti, con la morte dell’eroe chiamato Calabrone e quindi con il vero raccordo tra le linee del tempo che deviano il loro percorso finendo con l’innescare il meccanismo di corruzione di questo Universo (e quindi la morte del tempo come numero 0 per lasciare spazio al tempo come numero 8). 

La relazione tra spazio e tempo è tutta racchiusa nel personaggio di Capitan Atom (controparte del Dottor Manhattan), essere creatosi da un esperimento finito male, in grado di viaggiare attraverso il tempo e lo spazio, che percepisce come un unicum inscindibile fatto di momenti contemporanei. Su Atom ce ne sarebbero di cose da dire, ma mi limiterò a parlare dell’aspetto più interessante e meta-narrativo (utile anche a collegarmi col finale di questa recensione). Atom dovrà riportare in vita il Presidente, il quale poi sarà fautore di un nuovo ordine mondiale, una nuova era dell’umanità in grado di prosperare felicemente. Ma tutti quelli che conoscono Morrison, sanno che le cose non possono essere così semplici né così lineari (il tempo è un 8, ricordate?) e quindi qualcun altro farà in modo di porsi al comando del nuovo mondo che seguirà la morte del Presidente, impedendo ad Atom di tornare dalla dimensione nella quale si è rintanato. Il mondo è cambiato, ma non nel modo in cui il Governatore Harley si era immaginato. L’era degli eroi è finita, la Cerchia ha vinto anche su Terra-4.

Ma sarà davvero così? Atom ad un certo punto della storia si rivolge al lettore, interagisce con noi che stiamo leggendo le nuove acrobazie mentali di uno scozzese, ci spiega che lui è in grado di vedere il nostro mondo tridimensionale e vi assicuro che è stato uno dei momenti più inquietanti della mia vita da lettore di fumetti. Ad un tratto ti senti davvero osservato, ti viene da chiederti se non sei per caso un personaggio di un fumetto di un’altra dimensione, ma non sei in grado di percepire questo fatto. Risolvere l’algoritmo però significa vedere di volta in volta un nuovo futuro perché il tempo è mutevole e ogni evento lo sposta su nuovi binari. Chi è quindi che permette al mondo di Terra-4 di decadere? Sono i protagonisti della storia o è la Cerchia? Sarà forse il suo autore che realizza un inganno ad opera di un universo? O forse siamo noi lettori? Senza qualcuno che legga questa storia, gli avvenimenti di Pax Americana, sarebbero andati a finire così? Provate a farvi seriamente queste domande e ad applicarle al vostro modo di percepire la realtà e il mondo che vi circonda. Non siamo forse i personaggi di una storia più grande di noi, il cui autore ci è sconosciuto? 

In ultimo vorrei spendere alcune parole sul contributo fondamentale fornito da Frank Quitely, senza il quale non avremmo letto la stessa storia che ora potete stringere tra le mani. Sappiamo tutti che l’estrema passione per i dettagli di questo disegnatore lo fa diventare estremamente lento: ora immaginate quanto tempo può averci impiegato a realizzare Pax Americana dal momento che – stando a quanto dichiarato da Morrison – alcune pagine della storia hanno richiesto ben quattro pagine di sceneggiatura! La griglia di Alan Moore (più precisamente dei disegnatori che lavorano sulle sue sceneggiature), tipicamente formata da nove vignette, viene mutata in una tavola da otto vignette (chissà perché…), nella storia ci sono poi continui rimandi al numero 8, presente in quasi tutte le pagine (quindi non solo nella struttura della tavola stessa).
Allo stesso tempo però la tavola si frammenta in un’infinità di piccole vignette nei momenti chiave della narrazione, nei “nodi” che mutano il tempo appunto in un numero 8. E Quitely non perde l’occasione per inserire anche nel più piccolo riquadro un dettaglio, un’immagine, qualcosa che riempia lo spazio. Grazie a Quitely insomma l’idea di contemporaneità degli eventi esplode sulla pagina, facendo convivere quello che vediamo nel presente, nel futuro e nel passato, così come quello che esiste qui e lontano da noi. 

Questa recensione spero non vi abbia annoiato e spero comprendiate che questo tipo di analisi era effettivamente necessaria. Il prossimo mese ci aspetta un giro nel Thunderworld, quindi qualcosa di sicuramente più divertente e leggero. Noi ci rileggiamo alla prossima recensione.

La vipera sul Tubo: Canale YouTubePagina Facebook

Condividi