Dylan Dog #343 – Nel fumo della battaglia

Il nuovo volto di Dylan Dog ci appare ancora poco definito e la copertina di questo Nel fumo della battaglia, realizzata dal solito Stano, gli calza a pennello. Come al solito ci sono state polemiche sterili su questo numero (“ditate” sulla copertina? Davvero!?!), ma ho sentito poche vere analisi su questa che potrebbe essere una delle migliori storie del nuovo corso.

L’incipit della storia è uno dei più classici dell’Indagatore dell’Incubo: giovane donna attraente si rivolge a Dylan per un caso alquanto incomprensibile, Groucho entra in scena col suo solito humor molto poco inglese, la giovane donna e Dylan si innamorano e chiedono consulenza ultraterrena a Madame Trelkovsky e infine trovano il malvagio che si nasconde dietro al mistero. Fin qui tutto bene. Eppure c’è qualcosa in più in questa storia. C’è l’analisi del rapporto tra una madre e suo figlio, un legame profondo che trascende il confine tra la vita e la morte, nel quale sono coinvolte forze oltre la nostra comprensione, ma che proprio per questo si può manipolare a fini malvagi, si può corrompere. O almeno si può provare a farlo. Perché principalmente è questo che viene mostrato nel volume: l’inarrestabile forza che si genera nel legame tra madre e figlio non può essere corrotta facilmente.

In questo DYD #343 c’è ancora dell’altro. Abbiamo un Dylan nuovamente investigatore, un Dylan che indaga ma non è pedante nella sua indagine: col contributo di Groucho e i nuovi apporti tecnologici fatti alla serie, vediamo come lavora l’Indagatore dell’Incubo, riuscendo a mediare tra il suo approccio “classico” e quello della “nuova vita”. Mi pare che abbiate ormai capito che il merito di tutto ciò vada all’artista all’opera su questo volume ovvero Gigi Simeoni. Non solo ne è lo sceneggiatore, ma anche il disegnatore, realizzando in entrambi i sensi un lavoro ottimo, come non  se ne vedevano da parecchio sul mensile dell’Old Boy (ops, forse non dovrei chiamarlo così). Questa storia ha il sapore della tradizione dylaniata, ma accentua gli aspetti di contemporaneità tanto evidenziati finora, ma che non avevano davvero colpito nel segno (non penso che incentrare un volume su Dylan e la tecnologia possa dirsi una scelta editoriale oculata, soprattutto vista la debolezza del numero in questione).

Quello che troviamo in questo volume è un Dylan pienamente consapevole del tempo nel quale vive, saldo coi piedi nel passato ma con uno sguardo molto aperto al futuro, il primo vero nuovo Dylan Dog. Non che nei mesi scorsi non ci siano stati casi simili di buona integrazione in questo senso, semplicemente Simeoni mi sembra quello che ha portato meglio a maturazione l’idea di fondo della rinascita del personaggio, pienamente consapevole dei suoi mezzi espressivi, ottimizzando la collaborazione tra ciò che si legge e ciò che si vede. Sicuramente non abbiamo un numero perfetto, né qualcosa che possa far felici tutti i fan di Dylan eppure è un passo molto in avanti lungo il percorso che dovrebbe portare il personaggio a maturazione.

In conclusione non posso che spendere due parole sulla nota “emotiva” di questo bellissimo volume: il coinvolgimento di bambini è già di per sé in grado di toccare le corde dell’animo, ma aggiungeteci che si tratta di bambini con problemi fisici o mentali e vi troverete sentimentalmente inermi dinanzi a tanta dolcezza. Il figlio della protagonista infatti è affetto da una patologia autistica borderline, la sindrome di Asperger, che rende ancora più problematico il procedere nella storia. Simeoni però porta a casa il suo risultato con grande esperienza e maestria, rispolvera un ottimo Groucho (anche se devo dire che tutti gli autori al momento impegnati nella rinascita di Dylan sono stati in grado di sfruttare al meglio il personaggio), riesce a coinvolgere emotivamente il lettore senza cadere nel patetismo e realizza un finale chiuso, senza lasciare nulla in sospeso o senza cadere nella risoluzione affrettata o scontata. Vi invito a leggere questo numero di Dylan e soprattutto a non abbandonarlo perché i cambiamenti sono qualcosa di doloroso, ma possono anche donare nuovo lustro ai nostri eroi di carta. E lo dice uno che con le storie di Dylan c’è cresciuto e che lo sente come un fratello. Pian piano sta tornando il Dylan di un tempo (e non parlo di quello a cui sono attaccati strenuamente i nostalgici, parlo di un personaggio che sappia coinvolgere il lettore ed emozionarlo). Alla prossima recensione.

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