TWR la (psico)analisi de Lo Hobbit: la Battaglia delle 5… ore!

Con La Battaglia delle 5 Armate, ultimo capitolo cinematografico della trilogia de Lo Hobbit, Peter Jackson conclude il suo ed il nostro viaggio nella Terra di Mezzo. Per sempre.
Sì, perché gli eredi di Tolkien si sono opposti alla cessione di diritti di altre opere per eventuali adattamenti cinematografici. Dunque, niente Silmarillion diviso in 10 film ne’, si spera, un reboot de Il Signore degli Anelli diretto da Michael Bay

Ora, la premessa per parlare di questo film (e più in generale delle trilogia de Lo Hobbit) è che la trasposizione cinematografica va vista come un’opera profondamente diversa dal libro cui è tratta.
– Scandalo! Non posso più tollevave questa mevcificazione dell’opeva del maestvo! –
Ma scusa fanboy integralista con la erre moscia, perché sei venuto anche quest’anno a vedere il film di Jackson se non approvi? Per stracciarti le vesti per il disappunto? 
Esatto. –
Riprendiamo i fili del discorso. Dicevo, con la trilogia de Il Signore degli Anelli, Peter Jackson fu in grado di offrire un fedele adattamento, grandioso ed epico, di quella che era un’epopea fantasy – mi ripeto – grandiosa ed epica. 
Lo Hobbit (il libro), è un racconto favolistico e ben poco epico. Peter Jackson però ha voluto/dovuto mantenere i toni drammatici e carichi di pathos della sua prima trilogia cinematografica. E ci è anche riuscito bene per 2/3 del percorso.

Sì perché se adatti un libro di 200 pagine (scritte con carattere 28) in 3 film che complessivamente sfiorano le 9 ore, corri più rischi che andando a fare trekking sul Monte Fato con un gruppo di ultrasettantenni ed un anello in tasca.
Io sono rimasto molto soddisfatto da Un Viaggio Inaspettato (con quella magniloquente apertura in cui Smaug devasta Erebor), ed anche da La Desolazione di Smaug: incredibile la resa del drago sul grande schermo ed eccezionale Thorin Scudodiquercia. Purtroppo ne La Battaglia delle 5 Armate, tutto il peso di aver spalmato la trama su 3 film si è fatto sentire. Perché l’unica cosa che è rimasta da raccontare (dopo la risoluzione lampo della ‘questione Smaug’ grazie a Last Action Bard) è proprio la Battaglia dei 5 Eserciti: battaglia che, appunto, dura per quasi 2/3 del film. Troppo.
Questo a discapito del pathos, dell’epicità e dell’atmosfera.
Inoltre se ne La Desolazione di Smaug l’introduzione forzata di Legolas coi suoi 8 chili di cerone Kerakoll (per non far vedere che è invecchiato dai tempi de La Compagnia dell’Anello) non pesava – essendo l’arciere elfico ridotto ad una figura giustamente di contorno – qui non fa altro che togliere spazio a quelli che, invece, dovrebbero essere i protagonisti unici ed incontrastati: Thorin Scudodiquercia e la sua compagnia di nani. Nani che, a parte Thorin, Fili, Kili e Balin, hanno poco spazio e sono riconoscibili solo per le loro cretive acconciature che neanche i calciatori di oggi.
Li avesse intrepretati tutti Nicholas Cage, probabilmente, non ce ne saremmo neanche accorti…

Poi c’è Tauriel (la patatelfa messa lì da Jackson per conferire al film il necessario Fattore Patata) ed il suo improbabile amore inter-razziale per il nano Kiligrammi. Una situazione che però sa di già visto, sembra quasi un tentativo di replicare la tensione amorosa interspecie tra Arwen ed Aragorn con un risultato, ovviamente, non altrettanto convincente o coinvolgente.
Ma lei è patata, quindi le perdoniamo tutto. Legolas no, e quindi non perdoniamo la sua inappropriatezza. Giusto Bilbo?

Passando ai villain, se escludiamo Smaug, nel libro di Tolkien mancavano un nemico tangibile (la minaccia di Sauron è appena accennata) ed un boss di fine livello trilogia: Jackson aveva dunque inserito, sin dal primo dei 3 prequel, Azog il Profanatore, l’orco albino ripescato dalle appendici tolkeniane de Il Signore degli Anelli.
Azog, a mio avviso, ci stava benissimo in questo contesto ma Jackson ha voluto donare anche a Legolas (aridaje) un antagonista (evitabile): Bolg, l’orco ispirato a supersloth.

Insoma, Legolas, a conti fatti era meglio se ti toglievi dalle balle. 

Pollice in su invece per il modaiolo re elfico Thranduil (interpretato da Lee Pace, già Ronan l’Accusatore in Guardiani della Galassia), un sovrano austero che combatte le doppie punte con la stessa tenacia con cui squarta gli orchi. 

Ma anche lui ha il suo momento no: il dialogo finale col figlio Legolas (Orlando Bloom, porterai mica sfiga?). Con una strizzata d’occhio accompagnata da high five e segnalazione acustica con trombette e campane rivolta allo spettatore, Thranduil si congeda da Legolas invitandolo ad andare alla ricerca di un umano: un tale Granpasso! 
Edddaiiii… 

Menzione d’onore, invece, per Richard Armitage, l’attore che ha interpretato e dato spessore all’ottimo Thorin Scudodiquercia, vero grande protagonista di questa nuova trilogia, ed a Martin Freeman un perfetto giovane Bilbo Baggins.

Come dicevo più su, però, la battaglia è decisamente troppo trooooooppo lunga, perdendo a tavolino il confronto con – il paragone è inevitabile – l’epico scontro del fosso di Helm ed anche con la battaglia dei campi di Pelennor (per capirci quella che inizia col discorso da brividi di re Theoden e termina con Eowyn che uccide il Nazgul).
Per carità, gli elfi corazzati come dei cavalieri dello Zodiaco che si muovono all’unisono manco fossero la squadra olimpica di nuoto sincronizzato russa, Dane il nano col martellone a cavallo di una scrofa lanuta, i colossali eserciti degli orchi: tutto magnifico, però purtroppo manca quella scintilla che fa venire i brividi lungo la schiena allo spettatore.

In origine, da Lo Hobbit Jackson aveva programmato di ricavare due film e forse, a conti fatti, sarebbe stato meglio si fosse attenuto al piano originale. Ciò non toglie che, complessivamente, trovo più note di merito che di demerito in questa nuova trilogia. E sono comunque grato al regista neozelandese per quest’altro viaggio nella Terra di Mezzo, però se si fosse trattato di un week-end lungo invece di un viaggio di nozze da 15 giorni, probabilmente il risultato sarebbe stato più soddisfacente.
– Scempio! I miei occhi sanguinano dopo che ho assisitito al vilipendio dell’opeva del Maestvo John Vonald Veuel Tolkien! Pev puvificavmi covvo a casa a leggeve il Sivmavillion 3 volte dopo essevmi applicato il cilicio sulla coscia! –
Ahinoi, purtroppo, ci sono sempre gli integralisti dietro l’angolo… 

Ci si vede nella Contea, amici di The Walking Rec.

 

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