Pantera Nera – Giungla Urbana

Per la buona riuscita di una storia vi sono varie componenti che devono coesistere: lo sceneggiatore deve creare una vicenda credibile, possibilmente che ben si sposi con la natura del personaggio protagonista, il quale a sua volta deve essere illustrato con un certo stile, al fine di rendere l’intera opera unica nel suo genere.

Unica nel suo genere è proprio la run Giungla Urbana che offre, per la prima volta, Pantera Nera, fuori dal suo ambiente naturale, il Wakanda, per inserirlo in un contesto a lui assolutamente poco affine: Hell’s Kitchen. Proprio così, Devil ha chiesto una pausa per riscoprire se stesso dopo una crisi, ed ha chiesto aiuto a T’challa, che abbandonerà tutti i beni terreni, per accorrere in aiuto dell’amico cieco (manco fosse il Messiah).

Inizia così la run dello sceneggiatore David Liss e dei disegnatori Francesco Francavilla e Jefte Palo, con un Pantera Nera che, dopo il bellissimo discorso con Devil, riceve da “Foggy” Nelson dei documenti con una nuova identità. Troverà così lavoro come direttore presso la tavola calda Devil’s Kitchen, di modo da poter stare a stretto contatto con i suoi nuovi protetti.

T’Challa inizia a respirare il suo nuovo habitat, a viverci in simbiosi, proprio come la pantera nella giungla, si adatterà molto presto ai meccanismi spietati della “cucina dell’inferno”, orfana del suo protettore Devil, ergo percorsa da un’inarrestabile ondata di criminalità. Ondata che vedrà l’ascesa del villain della saga, Vlad l’impalatore, soprannominato così per la veemenza con la quale punisce i disertori. Vlad si crederà fortunato nell’essersi trovato nel quartiere giusto  al momento giusto, visto che lo crederà (apparentemente) senza protettore.

E’ un turbinio di emozioni la trama, sia per il lato introspettivo che va a scavare nella testa della pantera, squilibrata dal fatto che, dopo una vita di servigi nel suo paese, si ritroverà cittadino comune in un misero monolocale, privato anche della sua avanzatissima tecnologia. Queste sono scelte tecniche che avranno tutte logicamente un peso nella trama, trasformando T’Challa da dio Pantera a misero uomo in costume, un vigilante come tanti.

Le rivelazioni non mancheranno, in quanto sarà coinvolta (MINI SPOILER) l’intera famiglia dello pseudo gangster Vlad, più o meno attivamente. Avremo alcune comparse di spicco come l’Uomo Ragno (che, come sempre, non mancherà di regalare battute dementi che non fanno ridere), va detto che la scelta di accoppiare questi due personaggi dagli stili diametralmente opposti (uno austero ed uno spiritoso) creerà un bel mix nelle pagine in cui saranno presenti entrambi. Ma troveremo anche Luke Cage che suggerirà alla pantera di non farsi carico di tutte queste responsabilità, provando ad aiutarlo anche se inizialmente l’oscuro vendicatore rifiuterà sgarbatamente.

Il punto forte, anzi, il cuore pulsante della run sono i disegni di Francavilla, a mio avviso il disegnatore più bravo del momento, che ha impreziosito con i suoi capolavori anche “Città Affamata” capolavoro batmaniano che tutti gli appassionati conosceranno. Francavilla è un esperto del pulp, un cultore, e nessuno sa rappresentarlo meglio di lui. 

L’uso degli arancioni, l’abuso dei colori acidi, il bellissimo contrasto del sangue sui neri predominanti sono tutti espedienti artistici che ben si sposano con la natura pulp e noir del volume, difatti, la bellezza del lavoro sta proprio nel fatto che sembra proprio una bella storia di Batman, anche perchè di similitudini tra i due eroi ce ne sono parecchie. Dunque l’opera è più da apprezzare per i disegni che per la trama in sè, non per demerito di quest’ultima che ha molte sfaccettature da gangster movie raffinate quanto per la maestosità del lato artistico, non eccelso bensì immenso.

In un mondo di graphic novel dove si viene sommersi da miliardi di nuove produzioni, serie inutili, mega crossover indecenti, reboot che non hanno alcun senso ed altri espedienti per far banchetto sulle residue vestigia del consumatore, troviamo anche chi ha il coraggio di sperimentare, di collocare un personaggio in un ambiente inedito, provando a vedere come reagirebbe un sovrano in un ambiente malfamato in cerca di sè stesso, che come un antropologo empaticamente ascolta quello che la città ha da dirgli. Trascende dunque il concetto stesso di fumetto supereroistico diventando scoperta intellettuale, mescola di generi ideata da un trio che detta le leggi universali dell’intrattenimento cartaceo.

Il risultato è dunque un mix di pulp, noir, supereroi e gangster con disegni superbi dalle oscure tonalità ma anche dalle dominanze di colori evidenziatore.

Il voto è 9 solo perchè la storia finale dell’albo “Cacciatore di tempeste” è banalotta e non avrà più i tratti particolari che fanno della prima run un Sin City, un intero disco di Battisti, un Martini agitato non mescolato per il quale anche Roger Moore (uno che ne ha bevuti tanti) ringrazierebbe.

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