GANGSTER SQUAD

La grande versatilità della figura del vigilante permette di contestualizzarlo in qualsiasi modalità ed epoca e se ci aggiungi l’avviso “tratto da una storia vera”, il prodotto è bello che servito. 
In un’epoca in cui abbiamo bisogno più che mai di figure positive che operano al limite della legalità per sconfiggere il male Gangster Squad non può che essere un’idea.
Mal riuscita, però.

1949.
In una Los Angeles colorata e sporca, Mickey Cohen (Sean Penn), ex pugile, si impone come il più potente criminale della città. Con la volontà di sottomettere anche Chicago, il boss divora il corpo di polizia. Ma l’onore e l’incorruttibilità del sergente John O’Mara (Josh Brolin) lo porteranno ad essere il scelto dal capitano Bill Parker (Nick Nolte) come capo di una task force speciale con il compito di porre fine al regno di terrore del malavitoso. 

Questo film è la chiara dimostrazione di quanto sia difficile e forse impossibile girare una pellicola classica con espedienti moderni; perchè risulterà sempre un prodotto goffo, ridicolo, scimmiottante di un modo di fare cinema che non esiste più. 
Ora, capisco che il rallenty sia figo ed emozionante ma a meno che tu non stia giocando a Max Payne non puoi inserirlo senza una logica. Non puoi, punto.
Manca poi il senso del paesaggio, della frontiera, il tocco carismatico degli attori e di grandi personalità dietro la macchina. Si ha continuamente l’impressione di conoscere già l’esito del film e non si avverte minimamente quel pathos caratteristico del genere. 
Ci provò anche Mann con Nemico Pubblico e si fece del male. 
Quindi a Ruben Fleischer cresciuto con spot pubblicitari e video musicali non capisco come mai abbiano affidato la regia: c’è persino una scena incomprensibile. Ha riunito poi un cast importante e lo ha diretto nel peggiore dei modi; dall’interpretazione di Sean Penn alla Robert De Niro a quella di Josh Brolin alla Russel Crowe risulta il tutto vuoto e impersonale.
Una sceneggiatura tra l’altro banale e con linee di dialogo poco originali, sembra che il film sia continuamente sotto pressione per una sfida tra antico e moderno: sono palesi i riferimenti a Gli Intoccabili e al cinema di Hawks. Fotografia poi alla LA Noire e poco armoniosa con in sottofondo una colonna sonora dai suoni industrial Zimmeriani. 

Non si può svecchiare il classico se non si ha maestria del genere: è una regola imperante quasi quanto quella di “mio nonno campò cent’anni perchè si faceva i cazzi suoi“.

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marcodemitri® 

 

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