TWR la (psico)analisi di Outcast: un lungo sbadiglio tra due parentesi horror

Dopo aver assunto massicce dosi di Red Bull per via endovenosa, un incalcolabile numero di pasticconi di caffeina sublinguali, e grazie all’ausilio di due blefarostati in perfetto stile Arancia Meccanica, ho superato lo scoglio del soporifero blocco di episodi dal 3 al 7, terminando così la prima stagione di Outcast. E, ehi, incredibilmente gli ultimi due-tre episodi non erano niente male, ma arrivarci è stata davvero dura.

Il vero problema della stagione d’esordio di Outcast, infatti, è uno stiracchiamento eccessivo della trama: uno storytelling esasperatamente decompresso nel nucleo centrale che presumo – visti i commenti che mi è capitato dei leggere nell’internerd – abbia fatto perdere una buona fetta di spettatori alla serie basata sul fumetto di Robert Kirkman. Inoltre la stagione d’esordio di un serial dovrebbe anche servire ad incuriosire e fidelizzare lo spettatore, cosa in cui Outcast, proprio per questo macroscopico problema, ha fallito.
Gli showrunner non avevano roba da raccontare per 10 puntate, i subplot sono scarni e la trama principale è costituita da un intreccio narrativo abbastanza semplice, riassumibile in “c’era una volta l’uomo più sfigato del mondo, tutti i suoi parenti/conoscenti (e più in generale la gran parte delle comparse dello show, tra cui bambini, poliziotti, chiattone e punkabbestia) venivano posseduti dal demonio ed iniziavano a suonarlo come un tamburo. Lui, per esorcizzarli, doveva contraccambiare i pugni inducendo nei posseduti il vomito di copiose quantità di pretrolio che si andava a raggrumare sul soffitto.”


– Diesel o senza piombo? –

Decisamente meglio, allora, sarebbe stato compattare tutto in una mini-season da 6 episodi che non avrebbe diluito così tanto le poche cose che questa stagione ha raccontato.

E dire che l’episodio pilota mi aveva convinto pienamente, soprattutto per la buona presentazione dei personaggi e per gli elementi horror: sia i flashback sull’infanzia di Kyle, che la vicenda della possessione del piccolo Joshua che, per quanto riprendesse molti (troppi) tropi del genere, aveva un buon impatto sullo spettatore. Ma, da lì in poi, si è dovuto attendere di arrivare al nono episodio per ritrovare qualche “scena di paura” ed un po’ di gore, con la sola eccezione di Grace Zabriskie, che fu la madre di Laura Palmer in Twin Peaks, una che, nel corso della stagione, bastava guardarla in faccia per aver paura.


– Paura, eh? –

Per il resto freno a mano tirato. Anche nell’unico subplot degno di nota, quello dell’ex-poliziotto che aveva macellato la moglie del suo amico, non si è avuto il coraggio di osare, per non parlare, poi, dei riferimenti sessuali – vedi la scena che vede coinvolta la sorella di Kyle ed il ragazzino nel parcheggio – che sono sempre stati amputati sul nascere. Invece si sarebbe dovuto battere di più anche su questo tasto, anche perché una serie sulle possessioni demoniache che vuole definirsi horror deve avere il coraggio di inquietare lo spettatore con scene disturbanti, altrimenti…

I misteri misteriosamente misteriosi sui poteri e sull’identità di Kyle – ripetutamente chiamato “reietto” dai posseduti che si ritrova a fronteggiare – non bastano e, a conti fatti, sarebbe stato meglio svelare qualche particolare in più sul background delle entità demoniache già negli episodi andati in onda. Ok, nel finale di stagione sono arrivate alcune rivelazioni su Sidney e la comunità di picchiatelli di Rome, ma è decisamente troppo poco per stuzzicare la curiosità degli spettatori (o almeno per stuzzicare la mia di curiosità, che altrimenti pare che generalizzo…). 

L’offerta di serie in TV oggi è più che mai ampia e, in un mercato così affollato, la stagione 1 di Outcast, nonostante un buon inizio ed un finale più che discreto, non è andata a segno soprattutto per un corpo centrale sfilacciato e per la conseguente mancanza di ritmo. Per continuare a dare fiducia alla nuova serie TV ideata da Robert Kirkman anche l’anno prossimo servirà una bel cambio di passo.

Io vi saluto ricordandovi che se volete evitare che tutte le persone che conoscete inizino a vomitarvi in faccia il petrolio, non vi resta che piazzare un like alla pagina facebook più esorcizzante dell’internerd. La mia:

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