TWR la (psico)analisi di The Killing Flop, il lungometraggio animato

Per molti motivi c’era grande attesa per il cartoon di The Killing Joke. Perché è l’adattamento di quella che è considerata – assieme a Il Ritorno del Cavaliere Oscuro – la più significativa storia di Batman ed una delle pietre miliari del fumetto mondiale, perché si tratta di una creazione di Alan Moore (che anche stavolta, dopo Watchmen, V per Vendetta e la ristampa Marvel di Miracleman, si rifiuta di comparire nei credits), perché Mark Hamill è tornato a doppiare il Joker e perché è il primo lungometraggio animato DC comics ad essere vietato ai minori.
Ma, ve lo dico subito, di questa versione a cartoni animati del fumetto di Moore e Bolland ne avremmo potuto tranquillamente fare a meno. 

Decomprimere un fumetto di circa 60 pagine in un lungometraggio animato di 76 minuti è un’impresa che sarebbe risultata quantomeno complicata anche al Peter “allunga brodo” Jackson de Lo Hobbit

E allora cosa hanno fatto il regista Sam Liu, il produttore Bruce Timm e lo sceneggiatore Brian Azzarello? Hanno creato un’intro di mezz’ora totalmente inedita incentrata su Barbara Gordon/Batgirl, adattando nei restanti 46 minuti la storia di Moore e Bolland. Da qui in poi, siete avvisati, seguono inevitabilmente spoiler.
Il suddetto prologo in cui Barbara si scontra con uno stereotipato rampante giovanotto che vuole scalzare lo zio mafioso dal posto di comando, serve a creare empatia tra lo spettatore e Barbara amplificando lo shock generato dal famoso agguato orchestrato dal Joker ai danni della figlia di Gordon. Ma ci sono due grossi però: il primo è che questo antefatto è narrativamente slegato dal resto della storia, ed il secondo che il personaggio Barbara ne viene fuori proprio male, oggi siamo abituati a vedere eroine combattive e indomite. Ecco, lei non lo è e vuole solo menar le mani. 

 

Non contenti, Azzarello e Bruce Timm, indimenticabile creatore di Batman The Animated Series e Batman Beyond, hanno inserito un altro elemento con il solo scopo di creare un wow effect che facesse parlare del lungometraggio: una decontestualizzata copula tra Bruce e Barbara. Ora, io non sono uno di quelli che si scaglia contro certi espedienti perché vanno contro la “storia come la conosciamo”, questa è un’operazione slegata dalla continuity e come tale va presa. Se però inserisci un elemento di tale portata, devi dargli una certa importanza ai fini dello sviluppo della trama, non puoi renderlo narrativamente insignificante e fine a se stesso come, a conti fatti, si rivelato perché così facendo il pubblico lo percepisce solo come un mezzuccio per far parlare del tuo prodotto. Da questo punto di vista Azzarello e Timm hanno fatto centro ed il sensazionalismo della rete ha fatto il resto: da Comic Book Resources fino all’Hollywood Reporter tutti i siti di settore hanno dato grande risalto alla notizia, ma rimane il fatto che un punto di vista narrativo sia stata, per dirla con un termine tecnico, una minchiata colossale. Anche perché il coito tra Babs e Bruce ha un effetto dirompente sull’immagine dei due personaggi: da un lato amplifica i difetti di scrittura di Barbara – che viene percepita come una bibliotecaria uterina e un po’ frustratella, una di quelle che nei film americani sono innamorate del loro prof al college – e dall’altro danneggia un Batman già di suo parecchio in ombra, facendolo anche passare per un fidanzato anaffettivo. 

Poco dopo la copula, si passa bruscamente dal Batgirl point of view al Batman point of view, accentuando la sensazione che il lungo prologo sia posticcio e slegato dal resto del film. E da qui in poi, sulla seconda parte, ovvero quella fedele al fumetto, c’è poco da dire: i momenti sono quelli che ben conosciamo, Gordon brutalizzato ed umiliato al luna park, i flashback sul fallimentare passato del Joker, ecc. Sono disturbanti ed hanno grande impatto ed è per questo – come sottolineato giorni fa da Mark Hamill – che TKJ non è un cartoon adatto ai bambini, ma c’era da aspettarsi molto di più, perché di cose che non vanno ce ne sono anche in questa seconda parte. Una su tutte: il finale. Nonostante si sia giustamente voluta mantenere l’ambiguità sulla reale reazione di Batman dopo la barzelletta del Joker, la resa ottenuta nel cartoon non è neanche lontanamente paragonabile a quella del fumetto. Tra la altre cose, la breve graphic novel del 1988 si apriva e chiudeva allo stesso modo, ovvero con i cerchi creati dalla pioggia battente in un pantano.  Simmetria e circolarità, una sorta di ossessione per Moore. Un aspetto questo, che nel lungometraggio – grazie al prologo – è andato a farsi strabenedire.

Purtroppo c’è da ridire anche dal un punto di vista tecnico. Ok, il livello qualitativo rientra negli standard di questo genere di lungometraggi animati ma, a parte dei combattimenti apprezzabilmente fluidi, con le animazioni si sarebbe dovuto fare di meglio e poi una storia di tale pathos con un tratto grafico à la Timm subisce un downgrade mica da poco. Alcune delle tavole disegnate 30 anni fa da Bolland sono diventate a dir poco iconiche e marchiate a fuoco nella mente degli appassionati e vederle reinterpretate così lascia inevitabilmente perplessi.


– E dai, su… –

Qualcosa comunque si salva: il buon doppiaggio di Batman di Kevin Conroy e l’eccellente lavoro di Mark Hamill sul Joker: la miglior voce del Joker di sempre, senza se e senza ma

Insomma, stavolta Moore ha fatto un’ottima scelta rifiutando di comparire nei credits dell’adattamento di una sua creazione, perché – come avrete capito – quella del trio Azzarello, Liu, Timm non è la trasposizione animata che The Killing Joke merita e nemmeno quella di cui aveva bisogno.

Io vi saluto e vi ricordo che, se volte evitare che il Joker vi porti a fare un giro al luna park, non vi resta che piazzare un bel like alla mia pagina Facebook:

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