Pillole di indipendenza: Toxic Psycho Killer di Paolo Massagli [Recensione + Intervista]

Ho incontrato Toxic Psycho Killer per caso in una fumetteria di Milano, naturalmente in uno scaffale dedicato ai fumetti indipendenti. L’ho preso, l’ho sfogliato e l’ho comprato. Senza pensarci un minuto di più. E’ bastato ammirare il tratto dell’autore, la costruzione delle tavole, lo stile narrativo quasi del tutto scevro da testo, per decidere di mettere il volume sottobraccio e avviarmi alla cassa a pagare. E sapete che vi dico? Non mi sbagliavo neanche un po’.

Scritto e disegnato da Paolo Massagli ed edito da Hollow Press, Toxic Psycho Killer è un fumetto che sfrutta in maniera efficace le capacità grafiche ed estetiche dell’autore che, attraverso il suo segno pulito ma finemente dettagliato, ci accompagna attraverso una storia dalla trama semplice e lineare, ma non per questo priva di interessanti spunti di riflessione.

Una creatura femminile viene spedita su un pianeta alieno al fine di bonificarlo dalle forme di vita che lo abitano e che lo stanno lentamente, ma inesorabilmente, conducendo alla distruzione (vi ricorda qualcosa?). Non c’è cattiveria, astio o vendetta nella missione della protagonista, ma piuttosto è la natura stessa, in una sorta di reazione autoconservativa, che prende coscienza del pericolo e fa in modo di eliminarlo per un bene superiore.

Il lettore viene cullato dolcemente da una lineare narrazione ad immagini, fatta di gesti, sguardi e qualche parola sussurrata, per giungere più o meno in fretta verso l’inevitabile epilogo di questa singolare storia breve. L’autore usa la storia e le atmosfere aliene per dare sfogo a tutta la sua fantasia e, attraverso l’uso di un tratto pulito, attento e dettagliato, inserisce disturbanti elementi di imperfezione (cicatrici, grinze, tentacoli) nei corpi che rappresenta, conferendo ad essi e al racconto una forte connotazione horror.   

Ciò che abbonda nelle tavole di Massagli sono infatti le figure femminili. Aliene e umane al tempo stesso, le loro forme risultano cariche di dettagli e fortemente evocative; mentre i loro sguardi sono più che sufficienti a trasmettere lo stato d’animo dei singoli personaggi e la direzione del racconto. In TPK sono dunque i corpi a diventare il filo conduttore della storia, attraverso le loro forme e le espressioni facciali, essi stessi assurgono al ruolo di vera e propria architettura narrativa. E’ arte visiva che esprime una narrazione talmente diretta e primordiale da risultare immediata e comprensibilissima.  

Lo studio dietro a questo fumetto e lo stile fortemente caratterizzato di Massagli mi ha colpito così tanto da voler porre a quest’ultimo alcune domande per comprendere meglio il suo lavoro e – perché no – l’artista che ci sta dietro. L’ho quindi contattato per saperne qualcosa in più.   

Ciao Paolo, innanzitutto, complimenti per il tuo lavoro. Parliamo del tuo background artistico. Cosa ti ha ispirato, sia nel tratto che nella scrittura? Quali i tuoi riferimenti artistici?

I miei primi passi fumettistici nascono all’interno di gruppi di fanzinari, dove ognuno aveva il suo autore di riferimento. Il mio è stato Mignola che mi aveva folgorato con il suo tratto minimalista e i suoi potenti chiaro scuro. Ma sono stato anche affascinato dai grandi come Manara e Moebius. Pian piano ho abbandonato questi riferimenti grafici e ho sviluppato un mio tratto che spero sia diventato unico. Per quanto riguarda le mie letture sono onnivoro, leggo di tutto dal fumetto autoriale al popolare, prevale sempre una preferenza per il genere horror, ma non ci sono autori di riferimento particolari.

In TPK tratti il tema del genocidio come soluzione estrema, ma in qualche modo necessaria. Non ci sono sentimenti di vendetta o desiderio di distruzione, ma solo l’ordine naturale delle cose che impone di mettere fine a ciò che danneggia l’universo. Ce lo stiamo meritando davvero, eh?

TPK in se è una storia ambientalista in versione estremista, personalmente non credo che ce lo meritiamo ma dovremmo avere più rispetto verso il nostro pianeta e tutti gli esseri viventi e forse vivremmo meglio anche noi.

In TPK c’è una chiara scelta a monte: raccontare una storia attraverso i corpi, più che con le parole. E’ una soluzione che preferisci in assoluto, oppure che hai scelto esclusivamente per questo soggetto?

E’ una soluzione che preferisco e che si ritrova anche nelle storie brevi che ho fatto per la rivista U.D.W.F.G. che come argomento comune ha la mutazione dei corpi. Sono affascinato nel disegnare corpi belli ma devastati da qualche mutazione o segnati da varie cicatrici, è un po’ il mio marchio di fabbrica.

Lo stile horror adottato in questo e in altri precedenti lavori e la citazione ad Alan Moore presente in TPK, svelano un’altra chiara fonte di ispirazione. Come mai hai deciso di inserire il Bardo in TPK?

L’inserimento di Alan Moore come cameo è puramente ludico, lui è un’icona per tutti noi che vogliamo intraprendere il mestiere di fumettista, ma nel caso di TPK è solo un omaggio un po’ come nei film Marvel, dove si inserisce Stan Lee, un doveroso omaggio ad un grande artista.

La scelta di produrre fumetti indipendenti è dovuta all’esigenza di ritagliarti uno spazio tuo all’interno di un mercato congestionato o al rifiuto di lavorare su una tipologia di soggetti che non sono nelle tue corde?

Qui secondo me tocchiamo un tasto dolente, diciamo che un 50% è la volontà di sperimentare e osare, cosa che solo l’autoproduzione (o editori di nicchia o crowdfounding ad esempio) ti permette di farlo; l’altro 50% è per costrizione, visto che è difficile trovare editori che investono su un autore poco conosciuto preferendo quelli già sicuri. Nel caso TPK ringrazio Michele Nitri, editore della Hollow Press, che ha creduto nel mio progetto. Personalmente non mi dispiacerebbe lavorare per il mercato popolare e cimentarmi su qualcosa più mainstream.

Sembra che tu sia particolarmente ispirato da una vena horror-splatter che perfettamente si sposa con la tua cura per il dettaglio. Credi che continuerai in questa direzione, oppure ti piacerebbe confrontarti con qualcosa di completamente differente?

Il mio genere preferito, come detto sopra, è l’horror, ma anche fantasy e fantascienza, su cosa mi piacerebbe lavorare è troppo presto per dirlo, dovrò vedere cosa offre il panorama fumettistico in genere, ma amo le sfide e cimentarmi anche con tematiche diverse dalle mie.

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