The Multiversity – The Just #1

Una cosa che tutti i lettori di fumetti si sono chiesti almeno una volta nella loro vita è sicuramente: ma questi poveracci in calzamaglia perché non si fanno una famiglia? Lo step successivo consisterebbe nel chiedersi se i rispettivi figli seguirebbero le orme dei propri genitori e quali motivazioni li spingerebbero in una direzione o nel suo contrario. Il terzo capitolo di Multiversity risponde in parte a questa domanda, presentandoci un universo in cui sono i figli dei supereroi a calcare le scene dei mas media. Avventuriamoci quindi in The Multiversity – The Just #1 “#TerraMe.

Siamo appena al terzo capitolo di questa epopea multiversale targata Grant Morrison, ma possiamo affermare che questo The Just rappresenta forse il capitolo più lucido dell’esplorazione degli universi (e chi ha già letto Pax Americana, sicuramente capirà a cosa mi riferisco). Gli eventi si aprono col solito sacrificio di un eroe, una tragica fine che apre le porte alla corruzione dell’universo iniziata da la Cerchia. Il motivo della corruzione di questo mondo? Un party. Sì perché, come ho accennato nell’introduzione, protagonisti di questo capitolo sono i figli dei maggiori super di casa DC Comics. Domina la scena ovviamente il duo formato da Superman e Batman, rispettivamente Chris Kent e Damian Wayne. A fare da terzo incomodo troviamo però Alexis Luthor, figlia del villain che tanto filo da torcere ha dato all’Azzurrone e compagna di Damian.

Ovviamente non sono i soli “figli d’arte” presenti nell’albo. Il mondo è controllato da una squadra di super-cyborg che hanno le fattezze proprio di Superman, i quali garantiscono la sicurezza del pianeta e le minacce a cui siamo abituati noi lettori di comics sono solo un lontano ricordo: i ragazzi protagonisti sono svogliati e viziati, costretti ad inscenare delle vere e proprie recite contro villain improvvisati pur di tenersi in allenamento e non apparire completamente inutili agli occhi della società. Non solo giovani supereroi però dominano la scena, infatti incontriamo alcuni veterani come Ray Palmer (Atom), Kyle Ryner (Lanterna Verde) e Kon-El (Superboy), anche loro ormai assuefatti a questo nuovo status quo. Il filo della trama viene tenuto non solo dai preparativi del party ma anche dall’indagine sviluppata da Damian, entrato in possesso di alcuni fumetti di origine sconosciuta. Il giovane detective riesce a scoprire così che proprio i fumetti sono la chiave d’accesso della Cerchia, in grado di infettare le menti di chi li legge (fino a spingerli alla morte, come accade proprio all’eroina suicida di inizio albo, Megamorpho).

Come sempre Morrison infarcisce la sua narrazione con molti riferimenti a lavori del passato, suoi e di altri autori. Lo stretto riferimento a Kingdom Come e a Kingdom è facilmente rintracciabile, così come le citazioni ai personaggi creati da altri autori come Geoff John e Mark Waid. Spicca però su tutti il personaggio di Damian, da sempre coccolato da sua multiversità Grant Morrison: non è un caso se è lui a scoprire il segreto che si cela nei fumetti “maledetti”, ma ancora più voluto è forse lo sviluppo del personaggio, indubbiamente il meglio caratterizzato della storia, mosso dal tipico spirito batmaniano della ricerca della verità. Il resto della narrazione procede in modo insolitamente regolare per gli standard a cui ci ha abituato lo scozzese, caratterizzandosi per i dialoghi realistici e l’altrettanto credibile gestione dei rapporti tra gli eroi di un mondo privo di minacce. Dalle pagine traspare tutta la stanchezza delle vecchie glorie, l’incoscienza delle nuove leve e il limbo nel quale vivono tutti quelli non abbastanza giovani o vecchi da rientrare in una di queste categorie: la generazione “di mezzo” è quella che vive peggio la transizione perché è alla ricerca del proprio posto nel mondo, indecisi se sospettare un ritorno di fiamma della criminalità e delle minacce su larga scala o una duratura e insipida “pace”.

In ultimo mi sembra doveroso parlare di Ben Oliver, disegnatore di questo albo. Malgrado non sia amante del suo tratto foto realistico (comunque necessario alla narrazione), svolge un ottimo lavoro. Forse la caratterizzazione dei personaggi femminili è un pelo sotto lo standard del volume – basta vedere la cover dell’albo, dove Alexis e “Arrowette” si somigliano tanto da far sospettare un tradimento del buon Lex nei confronti di sua moglie – ma in linea di massima il resto funziona bene, soprattutto il dinamismo delle scene d’azione. Per questo mese è tutto, ma il prossimo ci aspetta forse il viaggio più difficile intrapreso finora. Con Pax Americana ci perderemo davvero tra le pagine di un comic. E noi ci rileggiamo nel prossimo labirinto narrativo di Grant.

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