TWR la (psico)analisi di Sin City: A Dame To Kill For

Premessa: oggi utilizziamo il termine ‘cinefumetto’ per indicare le numerosissime pellicole ispirate ai comic books. Ma IL cinefumetto, per me, è solo uno: Sin City del 2005 di Robert Rodriguez e Frank Miller. Sin City è, infatti, l’unico fumetto diventato letteralmente pellicola, un motion comic all’ennesima potenza che ci ha regalato un’esperienza audiovisiva unica nel suo genere. Gli altri – per quanto meravigliosi in alcuni casi – sono film ispirati ai fumetti, sono adattamenti. Sin City, per contro, è una trasposizione fedelissima del fumetto di Miller: la Basin City cartacea ha letteralmente preso vita su celluloide grazie alle idee di Robert Rodriguez. Il poliedrico regista convinse Miller a realizzare un film su Sin City dopo avergli mostrato un breve corto che poi sarebbe diventato l’intro della pellicola, ovvero ‘Il Cliente Ha Sempre Ragione’ con Josh Hartnett, ispirato, naturalmente, ad una delle storie brevi pubblicate da Frank Miller. 

Nove anni dopo, Miller e Rodriguez ci riportano nei vicoli bui di Basin City, con questo prequel/sequel dal titolo A Dame To Kill For.
Come sarebbe a dire prequel/sequel???
Sarebbe a dire che il filone narrativo principale (la storia A Dame To Kill For) è ambientata prima del film del 2005, mentre un’altra parte della pellicola è il sequel di Quel Bastardo Giallo ed è dunque ambientata dopo il suicidio di Hartigan. Forse decidere in maniera netta se realizzare un prequel o un sequel sarebbe stato più saggio.

Il film si apre, come il precedente, con una delle storie brevi di Miller: stavolta è il turno di Solo un Altro Sabato Sera con protagonista il character più iconico di Sin City, ovvero Marv impersonato nuovamente da Mickey Rourke. Da qui ci immergiamo nella vera spina dorsale del film: A Dame To Kill For, storia incentrata su Dwight, stavolta interpretato da Josh Brolin, un servo della gleba a testa alta diretto verso il triangolino che lo esalta (come direbbe Elio). Nel primo film nei panni di Dwight c’era Clive Owen e c’è un motivo – che non svelerò per chi non avesse letto Sin City – se lo stesso personaggio ha due volti, tuttavia dopo aver visto A Dame To Kill For vi chiederete come mai non si sia cercato di mettere sotto contratto anche Clive Owen (invece di truccare in modo farlocco e posticcio Brolin).
Ma il vero protagonista, o meglio le due vere protagoniste del film, sono le tette di Eva Green: semplicemente maestose, un centro di gravità permanente attorno al quale ruota tutta la pellicola. Eva Green, infatti, è vestita solo nella sua prima scena, poi o è un nudo integrale o è in vestaglia trasparente: l’importante sono le tette in primo piano. Grazie alle due gemelle, Eva Green infligge uno schiacciante 6-0 6-4 a Jessica Alba che – pur uscendo con le ossa rotte dal confronto – riesce a portare a casa 4 dignitosi game nel secondo set grazie ad un paio di convincenti balli sexy allo strip club.

Nonostante le ghiandole mammarie di Eva, il film è stato un mezzo flop al botteghino, una delle cause è senz’altro legata all’enorme ritardo nella produzione di questo sequel uscito ben 9 anni dopo il primo esplosivo Sin City. Ma non è solo questo il motivo. Un viaggio di 100 minuti a Sin City è sempre un bel viaggio, per carità, e visivamente l’impatto è sempre efficacissimo ma, nonostante ciò, questo secondo capitolo è decisamente inferiore al primo. Il motivo è semplicissimo: le storie utilizzate nel primo film erano migliori. 
Il Duro Addio e Quel Bastardo Giallo rappresentano il più riuscito parto della Sin City milleriana e Un’Abbuffata di Morte, per quanto un gradino sotto le precedenti, nel film fu resa memorabile anche grazie dialogo in auto tra Dwight ed il cadavere di Jackie Boy diretto da Tarantino (un cameo registico mica male). In questo sequel, alla pur eccellente tetta di Eva Green A Dame To Kill For, vengono affiancate due storie inedite scritte appositamente per il film da un Miller non particolarmente ispirato: Quella Lunga, Brutta Notte La Grossa Sconfitta.
Mentre la prima storia, pur con un Jospeh Gordon-Levitt non al suo massimo, è comunque godibie e vede anche un cameo di Christopher Lloyd, il leggendario Doc Emmett Brown (…Grande Giove!), al contrario La Grossa Sconfitta (sequel di Quel Bastardo Giallo) è una sceneggiatura debole e forzata con protagonista Jessica Alba nei panni di una poco convincente Nancy turbata dalla morte di Hartigan. 
Senza dimenticare che in Sin City l’apertura e la chiusura con il glaciale killer Josh Hartnett erano di grande effetto e che, soprattutto, l’intreccio dei tre filoni narrativi principali era decisamente più fluido e meglio costruito.

Insomma, è bello tornare ad immergersi nel bianco e nero pulp di Basin City, ma le sceneggiature scritte ad hoc da Miller non hanno fatto centro ed un’estetica ancora una volta impeccabile non riesce a mascherare la carenza di spunti di questo sequel/prequel.
Alla prossima amici di The Walking Rec.

Ehi Marv, prestami le tue pillole, non ho ancora capito se è un sequel o un prequel! Forse anche io ho la confusione mentale…

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