Sapori in bianco e nero

È arrivato il momento anche per me di offrire una recensione cinematografica, non tanto per competere con un numero sempre più elevato di ragazzi che, con occhio critico, analizzano gli ultimi prodotti cinematografici, siano essi reboot, sequel, prequel, remake e altre parole del dizionario del cinema… che sinceramente iniziano a starmi un po’ stretti. Sfornano con disinvoltura fantascientifici film, in 2D, in 3D, effetti speciali stupendi, grandi attori, storie mozzafiato e sequel uno dietro l’altro… e oltre tutto con i personaggi che hanno costellato di fantasia la mia adolescenza e che mi hanno aiutato in tanti momenti. Quindi  sono arrivati in rassegna, uno dopo l’altro i vari Superman, Batman,  Spiderman, Iron Man, X-Men, Wolwerine…. Sarò controcorrente, o solo un nostalgico senza speranza, ma  non riesco ad esaltarmi del tutto davanti a questa carrellata. Sicuramente saranno film degni di nota, divertenti, forse non del tutto in sintonia con le storie che tutti conosciamo, ma esaltanti, roba da parlarne prima della visione, durante la visione al cinema e dopo…

Eppure, in questo guazzabuglio di cinema d’autore, a parte la scarsa propensione del cinema italiano a fornire finalmente dell’ottimo materiale da poter analizzare, io mi sono soffermato per un attimo a quel cinema di una volta, puro, sincero pulito, forse ingenuo, ma mai mediocre; e che, come una bella favola, allieta il cuore e insegna qualcosa.

Ieri ho rivisto con molto piacere il film di DON CAMILLO. Non quello moderno con protagonista Terence Hill, ma quello originale, tratto dai racconti di Guareschi e resi meravigliosamente da Fernandel e Gino Cervi.

La storia, racconta i battibecchi tra un forzuto prete di un piccolo paese della “Bassa” (Brescello) e il burbero e sbrigativo sindaco del paese (Rosso che più rosso non si può), dove in realtà è evidente la sincera e rustica amicizia tra di loro. Piccole storie, piccoli problemi, specchio di un’Italia dell’immediato dopo guerra, ingenua e spensierata, ma ricca anche di grandi temi e riflessioni, a volte amare (In uno dei film muore un giovane attivista del partito Comunista), risolte a suon di risse verbali, scherzi da prete (è il caso di dirlo), rivalse e botte a suon di ruvide mani paesane. E abbiamo da una parte Don Camillo (Fernandel), fortissimo fisicamente, dal grande cuore, sempre pronto alla discussione; con la caratteristica particolare di poter parlare con Gesù (con cui ha anche da ridire in varie occasioni!). Di contro abbiamo Peppone (Gino Cervi), un personaggio dall’aspetto staliniano con due enormi baffi, burbero, testardo, mangiapreti, ma anch’egli dal cuore d’oro. L’omaccione più di una volta chiude un occhio su questioni politiche e si allea con l’amico-nemico di sempre, col quale ama gareggia su ogni cosa, e nei confronti del quale è disposto a tutto pur di primeggiare. Peppone è anche circondato da un entourage di compagni che non aspettano altro che la rivoluzione proletaria inizi e che faccia giustizia sociale, ma devono fare i conti proprio con Don Camillo, con la sua esuberanza, la sua tenacia e la sua astuzia. Non mancano tra di loro i gesti di amicizia e di conforto che fanno superare, nel film, sia tutte le questioni politico – sociali, sia le varie disgrazie che si abbattono ora su qualcuno, ora sull’intero paese; e tutto ciò, abbattendo muri in nome di altri valori più grandi e duraturi.

Non sto denigrando gli ultimi anni di film (ne sono anch’io un consumatore), ma  prima di loro, di questi supereroi di acciaio, alieni messi in salvo, arci miliardari che si battono per giustizia, armature, mutanti e circuiti o persone morsi da improbabili insetti (o aracnidi) radioattivi, c’erano anche altri eroi che meritano la nostra stima. Eroi di carne ed ossa, pieni di ingenue speranze e qualche buona parola, i cui unici effetti speciali erano  rappresentati dai titoli di testa e di coda. Storie comuni all’ombra o al sole, magari di un piccolo paese, ma sincero e dove i vari sequel non hanno un numero davanti al titolo principale; ma dove si capisce e si riconosce lo scorrere del tempo, anche se in bianco e nero.

Condividi