Capitan America: Fuori dal Tempo – Ed Brubaker Collection

Se avete acquistato e letto questo volume, sapete già ciò che sto per scrivere; e cioè che la run di Ed Brubaker su Captain America è una delle storie più importanti in assoluto di tutto l’universo Marvel. Una di quelle run – come quella di Miller su Daredevil – in grado di modificare radicalmente la percezione che i lettori hanno di un determinato personaggio. In realtà, ci tengo a precisare che non sono un navigato lettore delle storie di Cap; tuttavia, da bravo fan della Marvel, mi capita continuamente di imbattermi in storie che lo vedono presente (o addirittura protagonista). Ebbene, ciò che si nota da subito leggendo questa prima parte della run di Brubaker, è la palese e marcata distinzione tra il Cap che eravamo abituati a vedere nel corso delle sue precedenti avventure e quello che ci viene presentato dall’autore americano.  

Come affermato in più occasioni dallo stesso Brubaker, “non è affatto agevole scrivere le storie di Capitan America”; ed il motivo è presto detto. Nel corso degli anni, infatti, c’è stata una chiara tendenza da parte della Marvel e di chi si è occupato delle storie di Cap, verso l’ammorbidimento di quest’ultimo. Un tentativo di semplificazione – mi permetto di osare il termine “banalizzazione” – di un personaggio invece enormemente complesso. A dispetto di ciò che si possa pensare, Capitan America non è il simbolo del buonismo ultra-presente nella classica produzione fumettistica americana. Il fatto che egli porti addosso i colori della bandiera e il nome dell’America, non fa automaticamente di lui il Superman della Marvel . Cap è un eroe di guerra; e come tutti gli eroi di guerra, come tutti i soldati, ha vissuto e vive a stretto contatto con l’orrore della morte. Proprio da qui parte l’autore per presentarci la sua idea di character.

Brubaker ha indubbiamente la sua personale concezione del personaggio di Steve Rogers e non importa quanto questa sia distante dalle precedenti rappresentazioni. Nella visione dell’autore, Cap smette di essere ciò che deve, per diventare finalmente ciò che è. Il Capitan America di Ed Brubaker è un soldato, non perché ami esserlo, ma piuttosto perché non può fuggire da ciò che è. Nella sequenza di apertura, ad esempio, Cap provoca la morte di due terroristi e lo fa al solo scopo di salvare altre vite innocenti. In buona sostanza, il Cap che ci viene presentato è più vero, più aderente alla realtà. Il suo approccio è finalmente pragmatico e disilluso, lontano anni luce alla figura propagandistica dell’eroe americano senza macchia e senza paura.

Capitan America smette qui di essere utilizzato come simbolo di propaganda militare, ma viene invece impiegato come un’opportunità per esplorare gli aspetti più intimi e psicologici dell’attuale realtà statunitense. Ma non è tutto. Infatti, Brubaker non si limita a sfruttare le sue storie per trattare le tematiche che desidera, ma si spinge ad esplorare intimamente il personaggio, con il suo passato, i suoi ricordi, le sue paure. Un’azzeccata e pertinente metafora delle attuali disgrazie politiche e sociali che inquinano gli Stati Uniti.

Senza voler entrare nel merito della trama, va però detto che la storia ruota attorno al misterioso omicidio del Teschio Rosso. Il cadavere del mortale nemico di Cap viene rinvenuto dallo S.H.I.E.L.D. in un appartamento di New York e lo stesso Cap viene trascinato in piena notte sull’eliveicolo per il riconoscimento del corpo. Ma non è solo la misteriosa morte del Teschio Rosso ad agitare i sonni di Nick Fury & soci. Sembra infatti che l’assassino abbia sottratto un oggetto molto potente e pericoloso: il Cubo Cosmico. Come se non bastasse, alcune cellule separate di seguaci del Teschio stanno per far esplodere una serie di congegni nel cuore dell’Europa. Sarà una corsa contro il tempo, quella di Cap, contro un nemico senza volto. Una missione a cavallo tra realtà e ricordi che porterà il Vendicatore a stelle e strisce ad una scioccante quanto clamorosa rivelazione.

Le atmosfere sono quelle tipiche della spy story carica di mistero e suspense. Gli eventi si susseguono rapidi e conducono, con un ritmo incessante, i protagonisti verso il più incredibile e inaspettato dei risvolti. In questo scenario di azione e mistero si innescano i ricordi di Cap, che mostrano uno Steve Rogers assai distante rispetto a quello cui eravamo abituati. Un combattente votato alla causa prima che all’istituzione. Un soldato che persegue la pace e la giustizia, ma che conserva negli occhi gli orrori che la guerra gli ha mostrato. Un approccio innovativo ad una figura fondamentale del panorama fumettistico americano e internazionale. Il Cap di Brubaker si pone al di sopra della politica di parte o della politica di governo e conserverà queste innovazioni caratteriali che evolveranno fino alla svolta di Civil War. L’intenzione è chiaramente quella di dissociare gradualmente la figura di Capitan America da quella dell’amministrazione politico-istituzionale, per associarla invece al più alto e nobile concetto di patriottismo, inteso come senso di appartenenza e comunanza.

In ogni caso e come già anticipato, la metafora politica è fortemente presente in questo arco narrativo, già dal primo capitolo. L’autore gioca continuamente col sottotesto dell’opera, alternando passato e presente per rappresentare una propria personale versione della storia americana. Lo stesso Cap, sempre attraverso i propri ricordi, ci racconta una versione differente della resistenza francese durante l’occupazione nazista, nella quale gli americani non sono i soli artefici della liberazione e dove i francesi appaiono come un popolo orgoglioso e determinato. Brubaker, lentamente, quanto implacabilmente, fa letteralmente a pezzi la versione americana di alcuni eventi storici, modificandone sviluppo ed epilogo. Una distorsione della realtà presente anche nei ricordi di Cap, che rivive il proprio passato in modo diverso rispetto a ciò che credeva fosse accaduto, un po’ come se i propri ricordi fossero stati revisionati e riscritti da qualcuno.

Le tavole di Steve Epting sono splendidamente costruite, sia per quanto riguarda le scene di azione, che per quanto attiene ai momenti più intimi e introspettivi. Come accennato, i disegni di Epting sono alternati a quelli di Lark (che abbiamo già ammirato al fianco di Brubaker nell’eccellente run di Daredevil), che qui si occupa esclusivamente dei flashback di Cap. Una scelta interessante, premiata dal risultato finale. Tuttavia, almeno a mio avviso, l’eccessivo utilizzo di colori scuri in questo tipo di storia poteva essere evitato, dal momento che la rappresentazione grafica risulta forse eccessivamente simile all’arco narrativo del Diavolo Rosso.

In definitiva, si tratta di una run molto solida, certamente rivoluzionaria e piena di grandi idee per il futuro. Una storia intelligente e ben realizzata che – sin da questo primo capitolo – dà la misura dell’importanza che gli eventi trattati assumeranno nei successivi sviluppi del personaggio di Capitan America e, più in generale, dell’intero universo Marvel. 

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