TWR la (psico)analisi di Star Wars: Gli Ultimi Jedi Colpiscono Ancora

Prima di parlare di un film di Star Wars, è sempre opportuno precisare come ci si pone nei confronti della saga. Si può essere curiosi, fan, asettici o appartenere a quell’amplissima categoria di persone che in Star Wars vede un pezzo d’infanzia. Un imprinting, comune prevalentemente – ma non esclusivamente – ai nati negli anni ’70  e nei primi anni ’80, che ha marchiato irrimediabilmente la mente di migliaia di credenti nella Forza. Una premessa doverosa per dire che, probabilmente, nel parlare di una qualcosa a cui si è tanto affezionati non si può essere del tutto obiettivi e ci si ritrova un po’ spaccati in due: da un lato c’è il cuore benevolo del fan, dall’altro l’aspettativa fuori scala e l’occhio critico di chi vorrebbe, disperatamente, il capolavoro perfetto. Ma dobbiamo anche ricordare che gli anni passano ed il disincanto con cui guardiamo Star Wars non è più lo stesso, tenendo bene a mente che questi film devono andare incontro ai gusti di noi che abbiamo qualche anno in più sul groppone, ma devono anche riuscire – per inevitabili logiche di marketing – a far presa sulle nuove generazioni di spettatori. Su quelli che alcuni di noi erano negli anni ’80: delle spugne assetate di viaggi intergalattici, eroi e spade laser.
Premesso ciò e cercando, nei limiti del possibile, di dare un giudizio obiettivo, parliamo del film.

Già l’Episodio VII di JJ Abrams aveva diviso il pubblico: c’era chi lo aveva trovato un pedissequo remake dell’Episodio IV e chi ne era rimasto soddisfatto. Appartengo a questa seconda categoria, perché – pur non potendo non riconoscere che l’ossatura narrativa fosse palesemente presa in prestito dal primo, storico, Guerre Stellari e che JJ abbia preferito vincere facile, come uno che a FIFA prende il Real Madrid in amichevole e sceglie come avversario il Benevento  – l’Episodio VII presentava un nuovo interessante cast di personaggi, svelava il crepuscolo delle vite dei Luke, Han e Leia e, soprattutto, aveva il respiro di quelle atmosfere da trilogia classica che mancava al cinema dal 1983.

A Rian Johnson, già regista del validissimo thriller sci-fi Looper, il compito di far germogliare questi nuovi semi con l’Episodio VIII. La pianta è venuta su bene, ma non senza difetti strutturali.


– sono diventato famoso! –

Iniziamo col dire che visivamente, in termini di regia e fotografia, Gli Ultimi Jedi è davvero un ottimo film, ed è impreziosito da un paio di momenti di una potenza evocativa mozzafiato (ne parlerò in calce all’articolo nella spoiler zone). Johnson ha un’estetica inedita per la saga, in alcuni frangenti quasi da videoclip musicale, e si discosta da un punto di vista stilistico in modo molto marcato da quanto visto nelle precedenti pellicole (a proposito: sono sparite le transizioni a tendina). 
Ma Johnson il film non lo ha solo diretto, lo ha anche scritto e qui il discorso si fa un po’ più articolato. Il prologo de Gli Ultimi Jedi è convincente ed è caratterizzato da una battaglia contro un maxi-incrociatore imperiale del Primo Ordine in cui c’è uno di quei “momenti da riderissimo” – uno scherzo telefonico (?!?) – che di solito farebbe cadere le braccia per terra ma che, invece, riesce stranamente a non apparire come una stonatura (in realtà serve a rendere la figura di Hux ancor più macchiettistica).

Il secondo, corposo, atto del film, che si sviluppa in prevalenza attorno ad un espediente narrativo mutuato da Battlestar Galactica, complessivamente è un po’ sfilacciato ma, il problema principale, è che presenta un subplot che a conti fatti si rivela quasi del tutto irrilevante ai fini dello sviluppo della trama. Questo pone un inevitabile interrogativo: non sarebbe stato meglio usare questo screen time in altro modo o, in caso, accorciare la durata del film (ben 152 minuti)?
Nel terzo atto si sale parecchio di tono con momenti di vera e genuina epica che portano alla scena che chiude il film che riesco a definire con un solo aggettivo: “giusta”. Un epilogo che serve a ricordare a noi spettatori che Star Wars, prima di tutto, è una favola ambientata tra le stelle. 

Johnson ha innestato nel franchise parecchi elementi inediti e gli va dato atto di aver saputo tagliare, in modo intelligente, molti ponti con il passato e la vecchia mitologia, ponendo le basi per un rinnovamento dei concetti portanti della saga di Guerre Stellari: dalla figura dei Jedi, passando per l’essenza stessa dell’alleanza ribelle (o Resistenza, chiamatela come volete), per chiudere con delle inedite dinamiche nel nuovo equilibrio/dualismo tra Luce e Lato Oscuro. Senza dimenticare il modo apprezzabilmente insolito in cui ha riproposto al pubblico il personaggio di Luke dopo 35 anni da Il Ritorno dello Jedi.


– All-new all-different Skywalker –

Ciononostante nel corso di tutto il suo svolgimento, Gli Ultimi Jedi vi genererà un bel po’ di déjà vu. E, dato che la saga l’abbiamo un po’ tutti vista, rivista e stravista decine di volte, tornano subito alla mente la battaglia sul pianeta ghiacciato di Hoth, Luke e Vader in ascensore diretti da Palpatine, l’allenamento di Luke sul sistema Dagobah, le millemila infiltrazioni ribelli all’interno delle strutture dell’Impero. Ecco, questa è una cosa che la saga di Star Wars non può più permettersi. L’universo creato da Lucas offre soluzioni infinite (spesso i fumetti dell’expanded universe riescono, in tal senso, ad essere sorprendenti) ed ora è il momento di liberarsi dal riciclo situazioni e dinamiche già utilizzate. Non è più tempo di muoversi nella comfort zone della trilogia originale. Operazione questa che, se ci fate caso, è riuscita con Rogue One, un film di Star Wars al 101% con trama, situazioni, location e personaggi totalmente originali. 
A proposito di elementi riconoscibili, due parole sulla colonna sonora. Le musiche di John Williams sembrano sempre un po’ castrate e sottotono e non mi capacito del perché, quando hai il tema musicale originale più figo ed iconico della storia del cinema, non venga fuori in tutta la sua classica e magnifica potenza nei momenti cruciali del film.

Chiaro che, con una saga come questa che è, in assoluto, la più amata/seguita del mondo, è fondamentale trovare un equilibrio tra la necessità di rinnovamento ed il rispetto delle tematiche e delle atmosfere del materiale sorgente. Johnson è riuscito a muoversi, come un buon equilibrista, su questo sottile filo mettendoci del suo e realizzando un film sotto molti aspetti estremamente soddisfacente, tuttavia non esente da alcuni passaggi a vuoto. 
Questo è quanto era possibile dire senza fare rivelazioni ma, dato che mi preme entrare più nello specifico di alcuni momenti del film, addentriamoci nella spoiler zone con un po’ di inevitabili considerazioni in libertà (positive e negative) su Gli Ultimi Jedi. Se avete già visto il film venite con me, tutti gli altri vadano prima a fare un salto in quella sala cinematografica lontana lontana….


– SPOILEEEEEEEER!!! – 

1) Dopo che l’hanno pompato tanto, Snoke era un pirla qualsiasi che ha fatto una fine che neanche il padre di Dawson’s Creek.

1 bis) Ok, ma comunque: chi cazzo era Snoke? Chi gli aveva insegnato la tecnica dell’imposizione delle mani? Giucas Casella o Il Mago di Segrate?

2) Rose & Finn Casino Royale, no grazie.

3) I piani del Primo Ordine prevedono l’uso di cannoni grandissimi che poi vengono distrutti.

4) La corazza di Phasma fa rimbalzare i colpi di blaster. Allora, se  avete la tecnologia, perché le armature degli stormtrooper hanno lo stesso coefficiente di protezione del polistirolo?

5) Più che la Forza, nel terzo atto del film, credo che Luke abbia usato lo Sforzo del maestro Yougurt.

6) Il nuovo look delle guardie imperiali è di una figaggine fuori scala e…

6 bis) … la battaglia di Rey e Kylo Ren contro le guardie imperiali avrei voluto durasse mezz’ora.

7) I momenti visivamente strabilianti di cui parlavo più su sono soprattutto due: la scena in cui la nave ammiraglia della Resistenza “salta” dentro l’incrociatore del Primo Ordine (dai, che bella è l’esplosione con l’assenza di sonoro? CHE BELLA È?) e, soprattutto, Luke in controluce al tramonto contro i camminatori imperiali. 

8) Leia che svulazza nello spazio no, no, no e ancora no.

9) Che bisogno c’era di acconciare l’ammiraglio Hondo di Laura Dern come la Dolce Memole?

10) Il personaggio di Benicio del Toro merita uno spin-off.

11) Le creature aliene del film sono ispirate ai Pokemon.

11 bis) I porg servono solo a vendere pupazzetti e fanno cagare. Ewok>>>>>>>Porg.

11 ter) La suore ranocchio che fanno da badanti a Luke non ho ancora capito se mi sono piaciute. Forse sì.

12) Il concept del pianeta salato con le screziature cremisi nel terreno è meraviglioso.

13) L’ammiraglio Ackbar avrebbe meritato un’epica morte on screen dopo essere caduto in una “ciappola”.

14) Yoda è tornato ad avere l’aspetto che aveva quando era un pupazzone animato da Frank Oz nella trilogia classica. Ed è una cosa bella.

15) Il Primo Ordine è rimasto in mano a due zitelle isteriche che sono perennemente “in quei giorni”. 

E con quest’ultima riflessione sul prosieguo della saga è tutto. Io vi saluto e vi ricordo che vi aspetto su Facebook per avere i vostri pareri su Gli Ultimi Jedi.

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2 commenti su “TWR la (psico)analisi di Star Wars: Gli Ultimi Jedi Colpiscono Ancora

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