TWR la (psico)analisi di American Vandal: criminali da stracazzo

Qualche anno fa, la mugliera mi ha trasmesso la smania voyeuristica per i processi facendomi appassionare a Un Giorno in Pretura. L’evoluzione di questa insana ossessione è stato l’avvento delle docuserie, entità malvagie che creano dipendenza unendo la decompressione narrativa di una serie TV alla morbosa bramosia da true crime. Making A Murderer, la docuserie Netflix sull’incredibile caso giudiziario di Steven Avery, in tal senso è stata un’epifania. Con Making a Murderer, a casa mia, il binge watching raggiunse picchi mai toccati prima con nottate davanti alla TV per arrivare alla fine.

Detto questo, non sempre le docuserie sono raccontate col giusto ritmo, vedi alla voce The Keepers, altro prodotto Netflix che, nonostante racconti una vicenda davvero inquietante – come l’omicidio di una suora ed i correlati abusi sessuali da parte di alcuni preti alle studentesse di una scuola di Baltimora (la criminosa città di The Wire ed Hannibal) – non è coinvolgente ed incalzante come Making a Murderer

Poi, all’improvviso, cambia tutto e un po’ in sordina arriva su Netflix American Vandal. Una serie in 8 puntate che si appropria degli stilemi della docuserie per raccontare l’angosciante vicenda consumatasi nella Hanover High School: qualcuno ha disegnato degli enormi cazzi sulle auto dei professori.

Ok, è una via di mezzo tra la satira e la parodia del genere true crime ma, ehi, è realizzato e scritto così bene che dopo due-tre episodi vi installerà una scimmia urlatrice sulle spalle che non smetterà di strillarvi nelle orecchie finché non le svelerete chi diavolo ha disegnato i cazzi sulle auto. Dandoci la conferma che in una serie true crime conta di più il modo in cui viene raccontata che il fatto di cronaca in sé.

L’indagine prende il via dalla volontà di uno studente, Peter Maldonado, di scagionare il principale imputato del fatto criminoso: Dylan Maxwell, aspirante youtuber con 300 iscritti al suo canale di scherzi (esempio: andare al parco a sganciare peti in faccia a dei bambini sul passeggino). Insomma Dylan, più che un vandalo criminale è un coglione, e pure uno bello grosso, ma Peter crede fermamente in lui e, a rafforzare le sue convinzioni, ci sono alcuni fondamentali indizi: quando Dylan disegna cazzi alla lavagna non dimentica mai i peli dello scroto, sulle auto dei prof, invece, mancano i peli. TA-DAN!


– peni senza peli –

Detto ciò, potrebbe sembrarvi una serie demenziale di una stupidità disarmante… e in effetti lo è. Però, quello che è davvero incredibile di American Vandal è che riesce ad essere addirittura appasionante, svelando un ecosistema fatto di insegnanti che trombano le mamme, ciccione livorose, viscidi bugiardi seriali e bugie. Tante, tantissime bugie…

Parafrasando il tre volte modello dell’anno Derek Zoolander quando va a trovare suo padre in miniera, “dategli una chance” e anche voi non potrete più farne a meno finché il misterioso vandalo non sarà svelato. E poi, dai, è indubbiamente uno dei concept più geniali che si siano visti in TV negli ultimi tempi.

Io vi saluto e, come sempre, vi aspetto su Facebook:

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