TWR la (psico)analisi di Preacher: nel nome del padre, del vampiro e del santo degli assassini

Parecchio tempo fa il Trollo mi consigliò ripetutamente ed ossessivamente la lettura di Preacher, arrivò persino a prestarmi la sua collezione maniacalmente imbustata di brossuratini Planeta. Io non ero nel mood giusto e non lo ascoltai. Per questo merito senz’altro una nota di biasimo…
Poi, un paio d’anni fa, decisi che era arrivato il momento di leggere il fumetto di Ennis e Dillon ma, trattandosi di una di quelle edizioni stra-esaurite della Planeta, reperirlo non era semplicissimo. Poco dopo – come un segno divino – la RW Lion annunciò una nuova edizione Deluxe. Mi ci fiondai. Per due volumi tutto bene, il terzo però ritardò di “solo” un anno rispetto alla data di pubblicazione prevista (doveva uscire tipo a settembre ed invece è disponibile da circa 15 giorni). Un episodio che mi ha fatto bruscamente ricordare perché, quando possibile, evito di comprare fumetti editi da Lion (un editore che farebbe incazzare persino un monaco tibetano strafatto di Xanax e Propofol), così sono andato a citofonare alla trollocaverna per farmi prestare tutto il resto degli albi. Avevo un urgente bisogno di sapere come sarebbe andata a finire l’avventura di Jesse, Tulip e Cassidy alla ricerca di Dio. Non potevo più aspettare che nostro Signore facesse il miracolo: far rispettare le scandenze di pubblicazione a Lion.

É stata una delle esperienze di lettura a fumetti più appaganti della mia vita. Preacher, il fumetto, ha un’ossatura narrativa semplice: è una storia on the road che racconta di un amore complicato e di un’amicizia altrettanto complicata. Il motore della vicenda, però, è quanto di più assurdo sia stato pubblicato sulle pagine di un fumetto: un predicatore, dopo aver fuso il suo io con un’entità ultraterrena (Genesis), si mette sulle tracce di Dio per fargliela pagare per aver abbandonato la razza umana al suo destino. Una storia con un ritmo perfetto, situazioni folli e spassosissime ed un finale estremamente soddisfacente.
L’annuncio dell’adattamento TV di qualche tempo fa, però, portava con sé un grosso interrogativo: fin dove si potrà osare senza passare per la tagliola della censura e del perbenismo americano?

Seth Rogen, showrunner della serie e produttore assieme ad Evan Goldberg ed a Sam Caitlin (uno degli uomini dietro Breaking Bad), ha spazzato via ogni perplessità: l’irriverente attore e regista di perle del cinema demenziale come The Interview e This Is The End (entrambi film in cui recita con il suo buddy James Franco) è riuscito a dare quel tono grottesco e fuori di testa anche al Preacher televisivo pur stravolgendo in modo sostanziale, non solo la trama, ma anche i tre protagonisti.


– Sono Seth Rogen, faccio il cazzo che mi pare! – 

Soprattutto il Jesse Custer televisivo, interpretato da Dominic Cooper (il volto del giovane Howard Stark nel Marvel Cinematic Universe), è profondamente diverso da quello tratteggiato da Garth Ennis: quello del serial è un personaggio “in formazione” con ancora molti dubbi su che linea di condotta seguire nella vita, quello del fumetto, invece, era un uomo che aveva già una rigida morale (tutta sua, ok). Anche Tulip ha ben poco a che spartire con la controparte cartacea, quello dei tre ad avvicinarsi di più al suo alter ego a fumetti è senz’altro il vampiro irlandese Cassidy, interpretato dall’irresistibile Joseph Gilgun (l’unica nota lieta delle stagioni 3 e 4 di Misfits).

Ma onestamente questa rivisitazione dei tre protagonisti non mi ha disturbato granché. Quello che mi ha letteralmente catturato di Preacher è il suo gusto per l’esagerazione, unito a quel mix audiovisivo fatto di regia, fotografia e soundtrack che ha dato vita ad un Texas grottesco e totalmente sballato, un mondo popolato di macchiette in cui esplode la voglia di continuare a stupire lo spettatore con situazioni sempre più assurde. Ci sono i filtri seppiati, alcune trovate in stile vintage (tipo la discesa di Genesis dallo spazio che apre la prima puntata realizzata come un b-movie sci-fi degli anni ’60), le scrittone giganti in sovraimpressione ai cambi di location, la morte di Tom Cruise nell’episodio pilota, il brutale e tragicomico loop western che vede protagonista il Santo degli Assassini, l’assalto alla chiesa e la memorabile lotta contro il Serafino in piano sequenza dell’episodio 6.


– …e allora divertiamoci! –

Se, come me, amate il cinema demenziale ed il trash non potrete non restare ipnotizzati dallo spettacolo offerto dalla miserabile umanità che popola Annville, Texas. Vogliamo parlare dei due angeli Fiore e DeBlanc, di Facciadiculo o di Donnie e della sua gentile signora? 

Dicevo prima della stravolgimento del materiale sorgente: quello che Rogen & Co. hanno fatto con la stagione 1 è stata una decompressione extra-large non del primo story-arc, ma addirittura del primo albo a fumetti. Ci sono due storyline che si intrecciano – quella di Odin Quincannon (villain di stagione che nel fumetto fa la sua comparsa molto più avanti) e quella legata ai due angeli in cerca di Genesis – ed una serie di piccoli subplot che aggiungono “colore” alla variegata fauna che popola Annville. In pratica la stagione 1 è servita ad introdurre situazioni e personaggi, un prologo per farci ambientare nel mondo di Preacher, prima che Jesse, Tulip e Cassidy si vadano a tuffare nell’avventura on the road che è il vero cuore del Preacher di Ennis. Probabilmente questa scelta è stata dettata anche dalle esigenze televisive, mi spiego meglio: per tutti i motivi di cui sopra, Preacher è un progetto alquanto azzardato e non si era assolutamente certi che il network lo avrebbe rinnovato (cose che invece ha poi fatto), quindi per dare un senso compiuto alla stagione, si deve esser scelto di darle comunque un finale che potesse essere considerato soddisfacente anche in caso di mancato rinnovo. É come se Rogen avesse detto a Jesse ed ai suoi compari: “ehi ragazzi, per questa stagione non potete partire, perché non sappiamo se il serial piacerà e ci sarà una season 2, quindi vediamo di dare un senso compiuto a questa stagione. Ma non vi preoccupate: ci divertiremo lo stesso e faremo succedere un sacco di cose assolutamente irragionevoli!”


– Con il prete in tangenziale, andiamo a comandare! –

Una folle stagione di world-building e character-building, un trampolino di lancio verso un futuro che, si spera, possa essere altrettanto spassoso. Il rischio di rimanere vittima dell’eccessiva decompressione della trama è stato spazzato via dalle trovate geniali di un team creativo fortemente ispirato che ha voglia di spingere sull’acceleratore senza alcun freno.
Insomma perché la stagione 1 di Preacher mi è piaciuta così tanto? Perché è stata dannatamente divertente e mai banale e, soprattutto, perché riesce benissmo in quello che dovrebbe essere il primo obiettivo di ogni buon prodotto TV: intrattenere.

Io vi saluto ricordandovi di fare un salto sulla pagina Facebook più elegantemente inelegante dell’internerd. La mia: 

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